(foto LaPresse)

Qual è la misura di un uomo?

Guido Vitiello

Se lo chiede un magnifico episodio della serie televisiva “Star Trek: The Next Generation”, e ha implicazioni dirette con il processo penale venturo

Qual è la misura di un uomo? Prendiamo il caso di un uomo specifico: l’imputato digitale del processo penale venturo, giudicato a distanza da una corte che lo osserva nel riquadro di un monitor. E’ ancora un uomo? Un magnifico episodio della serie televisiva “Star Trek: The Next Generation”, intitolato appunto “La misura di un uomo”, solleva una questione tutto sommato simile. L’episodio è del 1989, ma il processo si svolge nel 2365. Questi i fatti: l’ufficiale Data è un androide progettato per sembrare umano, e uno specialista in cibernetica vuole disassemblarlo per poterlo studiare. Il comandante della navicella spaziale, però, si oppone: ai suoi occhi, Data non è una mera creatura artificiale, ma un cittadino della Federazione con pieni diritti, tra i quali il diritto di non essere smontato come una radiolina. Per dirimere la controversia eminentemente metafisica sulla natura di Data è convocato un regolare processo, che è molto piaciuto ai nostri penalisti terrestri (è tra i più commentati in “Star Trek Visions of Law and Justice”, Adios Press 2003, volume che raccomando ai legislatori del processo avveniristico). Ora immagino che vorrete sapere se alla fine l’imputato cibernetico Data è giudicato umano o non umano. E invece non è questo il punto. Il punto è che a bordo dell’Enterprise, dove in teoria disporrebbero di tecnologie olografiche ben più avanzate delle nostre videoconferenze, perfino per processare un androide si radunano tutti nella stessa aula di tribunale – l’accusatore, il difensore, il giudice, i testimoni. E’ questa la misura di un uomo.