(foto LaPresse)

Andrà tutto bene?

Guido Vitiello

Dicono che la frase suoni falsa, quando la confrontiamo a sera con i bollettini della Protezione civile. Ma contro i presagi angosciosi dovremmo far nostro l'insegnamento di Stefan Zweig

“Andrà tutto bene”. Dicono che la frase suona falsa, quando la confrontiamo a sera con i bollettini della Protezione civile. Ma come può una frase così indeterminata essere vera o falsa? Meglio accostarla non ai bollettini, ma a una frase altrettanto vaga che circolava nella Vienna della Belle Époque: Es kann dir nix g’schehn, “non ti può capitar nulla”. Stefan Zweig, ne “Il mondo di ieri” (1944), citava questa battuta di un dramma di Ludwig Anzengruber come motto dell’inguaribile spensieratezza viennese, una spensieratezza che negli anni Trenta cominciò a sembrargli dolorosamente incongrua. Mentre si preparava l’annessione hitleriana dell’Austria, i suoi amici “s’invitavano l’un l’altro a serate in marsina ed in smoking (non presagendo che avrebbero presto indossato l’abito da forzato dei campi di concentramento), affollavano i negozi per comprar doni di Natale per le loro belle case (non presagendo che pochi mesi dopo sarebbero state saccheggiate)”. Zweig, che di presagi angosciosi ne aveva fin troppi, proprio non riusciva a fischiettare con gli altri il “non ti può capitar nulla”. Anni dopo, però, dovette ricredersi: “Forse tutti quegli amici di Vienna erano in ultima analisi più saggi di me, perché essi soffersero soltanto quando la sventura veramente accadde, mentre io l’avevo già provata nella fantasia e la rivivevo una seconda volta nella realtà”. E noi, senza feste in smoking e negozi affollati, e soprattutto senza l’Anschluss alle porte, non dovremmo a maggior ragione fidarci di Zweig?

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