(foto LaPresse)

Neanche il clima di solidarietà nazionale può far niente per il carcere

Guido Vitiello

Amnistia, indulto, liberazione anticipata, domiciliari: vedrete che tutto sarà presentato dal nostro ceto politico-mediatico-giudiziario come oltraggioso e inammissibile

Le cause di forza maggiore imporranno a tutti di rinunciare a qualche impuntatura, lasciar cadere dai denti qualche rancore antico: verso un partito, un governo, un provvedimento. C’è da scommettere che in nome della solidarietà nazionale molti steccati cadranno e molte asperità si appianeranno. Ma c’è da scommettere almeno il doppio che un solo luogo non sarà illuminato dai raggi di questa clemenza necessitata: il carcere. Anzi, scaricheranno sulle prigioni tutto il peso delle discordie di cui avranno sgravato altri ambiti. Amnistia, indulto, liberazione anticipata, domiciliari: vedrete che tutto sarà presentato dal nostro ceto politico-mediatico-giudiziario come oltraggioso e inammissibile. In tempo di pace, bastava l’ipotesi che un amico del Caimano fosse ammesso a qualche beneficio perché si lavassero le mani davanti alle migliaia d’altri condannati a un carcere illegale e disumano; in questo tempo di quasi guerra, tremo a pensare che neppure i morti basteranno a smuoverli. D’altronde, più che un’impuntatura è una puntellatura, perché tutto il nuovo ordine si regge sulla punizione. E anche se le vicende dei tangentisti sono appena una nota a piè di pagina nella storia del sistema penitenziario italiano, l’impatto sulla vita quotidiana delle carceri di questo trentennale accanimento è stato e seguirà a essere devastante. Come sperare che i nuovi regnanti rinuncino al fondamento invisibile della loro legittimità? Non arretreranno di un millimetro. La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo, ma su quella testata ci hanno costruito una galera.

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