Una scena di “Che fine ha fatto Baby Jane?” (“What Ever Happened to Baby Jane?”), thriller psicologico del 1962 diretto da Robert Aldrich e basato sul romanzo di Henry Farrell

L'epidemia del politicamente col ratto

Guido Vitiello

Le sciocchezze di questi giorni sul coronavirus, come quella di Zaia sui cinesi che mangiano topi vivi, hanno superato ogni limite

Nei miei anni studenteschi, quando vivevo in una casa dalla pulizia non proprio impeccabile, mi divertivo a rassicurare così gli amici più schizzinosi: vi avvertirò quando avrò superato la soglia del topo; fino a che non compaiono i ratti, è tutto sotto controllo. Ebbene, mi tocca lanciare oggi l’allarme sanitario che per anni ho solo minacciato: abbiamo superato la soglia del topo. Non in casa mia, ma nel grado di inquinamento del dibattito pubblico. A inquietarmi non è tanto la sortita tragicomica di Zaia, del resto ritirata alla bell’e meglio come frase infelice; a inquietarmi è la surreale circostanza che, nel breve intervallo tra la sparata e l’abiura, Zaia ha fatto in tempo a trovare fior di avvocati disposti al gratuito patrocinio in nome della lotta allucinatoria al politicamente corretto. Sulle arene più prestigiose del nuovo corso giornalistico e intellettuale ho sentito dire che: i critici di Zaia sono ipocriti; non sarà corretto dirlo, ma il problema degli standard sanitari dei cinesi esiste; è all’opera una nuova Inquisizione che pretende il rituale delle pubbliche scuse; i cinesi mangiano topi vivi. Buon ultimo, un titolo del Giornale: “L’epidemia del politicamente corretto”. Ora, vien quasi a noia dover spiegare che nel mondo normale coglionerie come quella di Zaia non trovano difensori, esegeti e rovesciatori di frittata, e che nulla hanno a che vedere con l’egemonia del politicamente corretto, che per inciso in Italia non è mai esistita. Mi limito a lanciare l’allarme: la soglia è superata, siamo in piena epidemia del politicamente col ratto.

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