(foto LaPresse)

Il luogo comune del partito radicale di massa

Guido Vitiello

È un pezzo portante del puzzle ideologico dei nuovi conservatori: spiega tutto senza sforzo, come è privilegio delle idee di genio e delle banalità abissali

Pasolini. Aveva. Profetizzato. Che. Zzzzz… Quattro paroline, scandite in questo preciso ordine, e io cado nel sonno profondo. Non servono nozioni avanzate di ipnotismo per spiegare il fenomeno: la mia mente sa già che a quel gancio saranno appesi i salami di mille luoghi comuni, e si mette a russare precauzionalmente. È un po’ che non mi capita, tuttavia. In compenso, ieri sono crollato in pieno giorno per questo incipit letto sulla Verità: “Che la sinistra italiana, come aveva pronosticato Augusto Del Noce, sarebbe diventata in fretta e furia un partito radicale di massa…”. Come. Aveva. Pronosticato. Del Noce. Zzzzz… Eccola, la nuova formula dotata di virtus dormitiva. Non starò qui a rifare la storia di quest’altra idea ricevuta, che molti peraltro hanno ricevuta non da Del Noce ma dai bignami di Veneziani; neppure vi annoierò con la mia irrilevante opinione di profano secondo cui Del Noce aveva pronosticato meno di quanto si crede. Mi limito a segnalare il luogo comune del partito radicale di massa, oggetto di un passaparola ogni anno più rumoroso, al prossimo Flaubert che vorrà farne l’inventario. È un pezzo portante del puzzle ideologico dei nuovi conservatori: un dentello aderisce allo schema élite liberal-popolo, un altro a quello Parioli-periferie, e poi s’incastra bene anche negli angolini – il dialogo Scalfari-Bergoglio, quello Sardine-Benetton. Spiega tutto senza sforzo, come è privilegio delle idee di genio e delle banalità abissali. O anche (è questo il caso) delle idee intelligenti incastonate a forza in un puzzle di stupidità soporifera. Zzzzz…

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