Manifestazione delle Sardine a Roma, 10 febbraio 2020

De generatione Sardinae

Sfortunati. Per riempire un vuoto di progetti politici adatti a loro, i giovani avevano inventato il format dell’assembramento: stretti stretti. Ed è diventata la parola maledetta del prossimo decennio, e un’uscita di scena da fessi

Forse davvero i millennial, e la generazione Z o giù di lì, insomma i giovani che si sono affacciati al gran teatro del mondo tra la crisi del 2008 e lo sprofondo del Covid sono la generazione più sfortunata dell’ultimo secolo, quella senza chance. Almeno in Italia. In Cina o in Albania i loro coetanei si giocano la pelle per un pugno di libertà, da noi l’unico prodotto politico degno di menzione avvistato, le Sardine, “si prendono una pausa” (ma da cosa?). Sfortunati, va bene. Per riempire un vuoto di progetti politici adatti a loro avevano inventato il format dell’assembramento: stretti stretti. Ed è diventata la parola maledetta del prossimo decennio, e un’uscita di scena da fessi. “Riposo e riflessione”. E si dirà la sfiga, delle Sardine e della loro più o meno generazione. Ma forse è anche un po’ la zavorra delle idee che manca, dei libri e di uno straccio d’estetica. E il sacrificio. Non li abbiamo visti sanguinare e soffrire per nessuna causa urgente o decente (se non in casa, o tra loro, nel guscio di una privacy da difendere con le password che è forse la vera misura del loro mondo). Qui da noi, diciamo. Il verde non conta. (Ok boomer).

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