(foto LaPresse)

Dal doppio mandato alla doppia mandata

Guido Vitiello

Abbiamo ascoltato anni di chiacchiere su questa norma, e non serviva certo una sfera di cristallo per sapere che non puoi prendere un signor nessuno e dopo il giro di valzer di una legislatura riconsegnarlo al nulla

C’è una vecchia puntata dei Simpson in cui Lisa finisce nella tenda di un’indovina, che le descrive per filo e per segno il suo avvenire. “Wow – esclama la bambina alla fine del lungo racconto – Ora che so tutto questo, esiste un modo per cambiare il futuro?”. “No – le risponde la fattucchiera – “Ma cerca di sembrare stupita”. In effetti, poche cose irritano il prossimo come l’aria saputa e blasé di chi aveva già capito dove si andava a parare e ha pure il puntiglio di ribadirlo. Quando poi per azzeccare le previsioni non serve nemmeno il dono dello spirito profetico, ma basta una elementare conoscenza del cuore umano, un generico saper stare al mondo, una cognizione rudimentale della storia e della società, allora il consiglio dell’indovina diventa affare di buona educazione, perché a nessuno piace sentirsi dare del babbeo. L’attualità italiana offre fin troppe occasioni per questi esercizi di buona creanza, ma c’è un esempio che ti strappa proprio la cafonaggine dalle mani: il divieto grillino di doppio mandato. Abbiamo ascoltato anni di chiacchiere su questa norma etica inderogabile, e non serviva certo una sfera di cristallo per sapere che non puoi prendere un signor nessuno, invitarlo come Madame Bovary al ballo del marchese e dopo il giro di valzer di una legislatura riconsegnarlo al nulla da cui era venuto. Ebbene, ora che il divieto di doppio mandato, di deroga in deroga, si va trasformando in licenza di doppia mandata, per chiudersi a chiave nel palazzo, dovremmo cercare di sembrare stupiti?

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