(foto LaPresse)

La fase 2 è un grande esperimento creativo di prossemica

Guido Vitiello

Quattro metri in trattoria, cinque in spiaggia, uno e mezzo in chiesa. Volete ridacchiare sulle regole di distanziamento sociale? Io vi propongo di far parlare i muti e di evocare i morti

Quattro metri in trattoria, cinque in spiaggia, uno e mezzo in chiesa. Volete ridacchiare sulle regole di distanziamento sociale della fase due? Semplice: fate un esercizio di casuistica – e un ristorante al mare? e una messa all’aperto? – e chiudete con una battuta sul delirio della pianificazione sovietica. Semplice, ma anche banale. Io vi propongo invece di far parlare i muti e di evocare i morti – il tutto senza bisogno di essere taumaturghi. Partiamo dai morti. Da una Bustina di Minerva recapitata dall’aldilà: “Stare a una certa distanza dal nostro simile (nell’atto erotico come nel rapporto d’affari, nella riunione politica come nell’articolazione dei grandi spazi urbanistici) ha un significato. E il significato cambia con il mutare della distanza”. Così Umberto Eco introduceva “La dimensione nascosta” di Edward T. Hall, il classico della prossemica, la scienza del significato sociale delle distanze. Noi tutti applichiamo già oggi, nella vita quotidiana, regole spaziali ben più meticolose e stringenti di quelle che ci imporrà la crisi sanitaria: solo che non lo sappiamo. Proprio per questo la prossemica, suggeriva Eco, può essere “la tecnica demistificatrice delle ideologie dello spazio, e la grammatica capace di permettere altre articolazioni, altri messaggi”. Fin qui il morto. E il muto? Quello sta a noi farlo parlare, perché “lo spazio parla, e parla anche quando non vogliamo ascoltarlo”. Abbiamo l’occasione di un grande esperimento creativo di prossemica, una delle forme di quello che Hall chiamava, non a caso, linguaggio silenzioso. E quando ci ricapita?