(foto LaPresse)

Il fantasma del virus

Enrico Bucci

L’esempio che arriva da alcuni paesi in cui il virus è ricomparso dimostra che la regola d’oro è una: restare in guardia

A Pechino, dopo due mesi in cui la Cina è stata quasi del tutto libera di casi, è scoppiato un nuovo focolaio di Covid-19, che ha fatto registrare 106 casi da venerdì a oggi. In Nuova Zelanda, nazione che era riuscita a liberarsi completamente dal coronavirus, Covid-19 è stato importato nuovamente da due donne che erano arrivate da Londra, per fare visita a un famigliare morente, la cui quarantena, per ovvi motivi compassionevoli, era stata interrotta prima del risultato dei tamponi. In India, dove era da poco stato rilassato il lockdown, i casi di infezione hanno ripreso ad aumentare, sicché per esempio la popolosa città di Chennai ha deciso di ripristinare le misure di contenimento. Negli Stati Uniti c’è stata una repentina risalita dei casi in almeno sei stati dopo la fine del lockdown, inclusi Arizona, Florida e Texas, stati per i quali è stato riportato il massimo numero di casi giornalieri dall’inizio dell’epidemia.

 

Questi nuovi esempi di ripresa del virus nel mondo si aggiungono a quanto è già successo in Corea e a Singapore, che per primi hanno sperimentato un ritorno dei casi dopo qualche tempo dalla riapertura. In Italia, di certo non stiamo assistendo a una ripresa globale dell’epidemia; al contrario, possiamo affermare che la tendenza discendente continua, per quanto poco accurati siano i numeri che ci vengono forniti; e in Europa, fatta eccezione per la Polonia e la Romania, dappertutto si vede una ritirata della prima ondata epidemica. Tuttavia, anche in Italia il fuoco cova ancora sotto la cenere.

 

A Roma, il focolaio scoperto al San Raffaele Pisana registra ad oggi 111 casi, e un secondo più piccolo è stato scoperto in un palazzo occupato della capitale – questo senza menzionare la continua scoperta di centinaia di casi giornalieri in Lombardia, che per la limitatezza dei dati forniti non sappiamo se attribuire a singoli focolai o a presenza diffusa del virus. Questi esempi, unitamente al fatto che in paesi come Brasile e Russia l’epidemia è nel pieno dell’esplosione e si nota un rapido aumento in taluni paesi dell’Africa, dovrebbero farci tutti capire che con il virus dovremo convivere ancora a lungo. Questo significa che la necessità del monitoraggio non scema al diminuire dei casi registrati; al contrario, diventando più rari i nuovi infetti, il monitoraggio diventa più difficoltoso e si può arrivare così a pericolosi focolai, come dimostra il caso di Roma.

 

Non ci resta quindi che inseguire il fantasma del virus “clinicamente estinto” con un monitoraggio accurato, sperando che dall’aldilà non continui a far danni e non ritorni a ricordarci che la biologia ha regole sue, indipendenti dalle nostre speranze; e se la preparazione è tutto ciò che serve per affrontare il futuro con serenità, essa non può essere scaricata sulle spalle dei cittadini, ma richiede investimenti continui da parte delle amministrazioni in diagnosi e tracciamento, non multe e regole bizantine per gli italiani.

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