Foto California Department of Fish and Wildlife via Flickr

Ricordatevi del tacchino

Enrico Bucci

Aspettarsi che Sars-CoV-2 diventi meno pericoloso perché molti virus si sono comportati così, è pericoloso

Un tacchino, avendo osservato che ogni giorno, alla stessa ora, un uomo portava il mangime, decise che ogni mattina avrebbe corso verso il padrone, in modo da accedere per primo al cibo. Dal comportamento dell’uomo, infatti, aveva dedotto una regola per prevedere ciò che il giorno dopo sarebbe accaduto. Alla vigilia di Natale, si affrettò verso l’uomo e finì quindi sulla tavola imbandita. Questa storia sul “tacchino induttivista” è usata per spiegare come fare previsioni proiettando gli eventi passati nel futuro può portarci a errori molto gravi, se non abbiamo una teoria di ciò che accade (nell’esempio, perché gli uomini nutrono i tacchini) e non solo una collezione di osservazioni.

   

Aspettarsi che Sars-CoV-2 diventi meno pericoloso “adattandosi”, semplicemente perché molti virus si sono comportati in questo modo, è comportarsi come il proverbiale tacchino; abbiamo bisogno di qualche cosa di più, per poterci fidare. Dobbiamo cioè avere non solo dei dati, ma anche un modello teorico che spieghi perfettamente quel che abbiamo osservato e che quindi possa essere ragionevolmente esteso per fare predizioni; nel caso dei virus, questo modello è l’evoluzione darwiniana per mutazione e selezione degli individui. Il virus non è razionale, né buono, né altro: è una quasi-specie fatta di miliardi di individui che si replicano e la cui efficienza replicativa dipende dal genoma, il quale muta da individuo a individuo, in modo tale che alcuni si moltiplicano più efficientemente di altri. Ogni mutazione che aumenta il numero di nuovi virus generato e la probabilità che questi infettino altri ospiti sarà favorita una volta emersa per caso. Fra questo tipo di mutazioni, vi sono quelle della proteina Spike che aumentano la capacità di attacco di Sars-CoV-2 al suo ospite umano e quelle sul complesso proteico che aumentano l’efficienza di copia del genoma virale. Viceversa, spariranno per esempio quei virus con mutazioni che diminuiscono la probabilità di nuove infezioni, uccidendo troppo presto o immobilizzando il proprio ospite – spariranno cioè quei virus per i quali cioè la virulenza è così alta da diminuire R0.

  

Per il resto, allo stato attuale potrebbero verificarsi percorsi evolutivi di ogni tipo, peraltro diversi a scala regionale o convergenti verso le mutazioni più favorevoli al virus – non necessariamente a noi. Potrebbe persino, per selezione accidentale di caratteristiche non favorevoli – ad esempio una mutazione che conferisca enorme vantaggio replicativo d’inverno, ma sia dannosa d’estate – aversi il caso di un virus che ha grande successo per una stagione, per poi sparire, come accaduto per la Sars.

  

Solo ed esclusivamente nel caso in cui gli ospiti umani siano stati diradati così tanto da rendere sporadico l’incontro tra un individuo infetto e un individuo da infettare, solo in questo caso ci sarà una spinta diretta a diminuire la letalità di un virus, perché la scarsa densità degli esseri umani comincerebbe a far sentire il suo peso selettivo; sempre che, naturalmente, il virus non abbia specie reservoir, nel qual caso potrebbe tranquillamente estinguerci.

  

Noi, semplicemente, non sappiamo in che direzione andrà l’evoluzione di questo virus; e se in futuro risultasse che qualcuno ha indovinato, questo non vuol dire affatto che la sua predizione fosse scientifica, ma semplicemente che nel gran numero di predizioni fatte, era compresa anche quella giusta.

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