(foto LaPresse)

Come sciamani

Enrico Bucci

Il virus e il rifiuto della competenza hanno generato un ricorso fideistico agli esperti. Troppo poco per capire

La competenza, nella società moderna, è sembrata improvvisamente maladattativa per ottenere consenso sulla scena pubblica, rispetto al condividere in tempo reale messaggi ipersemplificati, ma capaci di mobilitare le emozioni e gli istinti irrazionali. Tuttavia, l’abbandono della competenza e il rifiuto degli esperti possono funzionare solo fintanto che la realtà non presenta il conto da pagare, soprattutto considerando che l’unico mezzo che ci ha permesso di passare il vaglio della selezione naturale con successo è proprio la nostra capacità di fare previsioni affidabili attraverso l’uso della logica razionale.

 

Il conto, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, è arrivato sotto forma di un piccolissimo, ben organizzato insieme di atomi capace di replicarsi in un numero quasi infinito di copie a spese del nostro organismo: un virus, capace di causare la morte di una frazione non trascurabile della popolazione, mettendo nello stesso tempo a dura prova il nostro sistema sanitario, la nostra economia e il nostro modo di vivere.

 

Questa minaccia ha colto di sorpresa non gli esperti, che avevano ravvisato il pericolo ben prima che esso si materializzasse, ma tutto il resto della popolazione, inclusa la sua rappresentanza eletta o comunque di governo. Prima in Cina, poi nel resto del mondo, si è negato il pericolo nella sua fase iniziale, dando per scontato che non fosse poi così grave.

 

Indi, quando i morti cominciavano ad accumularsi, la popolazione ha pensato di correre ai ripari cercando notizie sulla fonte più accreditata dai più, ovvero un motore di ricerca agganciato a Internet e le discussioni nei social forum, con ciò ottenendo la solita valanga inestricabile di notizie vere, parzialmente vere e decisamente false; il che, in assenza di una preparazione sufficiente, non aiuta certo a capire, ma aumenta la paura.

 

Infine, si è pensato di rivolgersi agli esperti; ma in mancanza di regole di ingaggio della comunità scientifica e di istituzioni precisamente identificate, si è ricorso a un carosello di comitati, e contemporaneamente sulla scena mediatica ogni esperto è stato messo sullo stesso piano, purché parlasse con convinzione e tempi televisivi. Alla fine, si è organizzato un confuso spettacolo mediatico di esperti in competizione e indicazioni contrastanti, aumentando di proposito la confusione anche quando non c’era; e a questo hanno concorso tutti, scienziati, comunicazione e politica.

 

In questo modo, vana è risultata la riserva di competenze necessarie, che miracolosamente ancora esiste nel nostro paese; e chi sperava in una ripresa centralità della scienza, si è dovuto amaramente ricredere di fronte all’indegna gazzarra scientifica che in Italia (ma anche nel mondo) sta accompagnando la pandemia. Si potrebbe a questo punto decidere di selezionare pochi individui molto preparati e qualche organo ufficiale, trascurando tutti gli altri: ma siamo sicuri di capire ciò che i nostri esperti più accreditati cercano di dirci? Siamo certi di comprendere quali siano le basi dei loro argomenti, quale sia il grado di certezza delle loro deduzioni, quale sia il rischio che corriamo se si dovesse prendere una data decisione? La verità è che la gran parte di noi non è preparata. Molti hanno sì ripreso a credere a ciò che ricercatori, medici e scienziati dicono, ma si affidano a essi come i loro antenati avrebbero fatto nei confronti degli sciamani e dei sacerdoti: credono, appunto, senza realmente capire, sperando che la cosa funzioni. Esiste in realtà una strada migliore, una strada che molti oggi hanno voglia di intraprendere: ricominciare tutti a studiare.

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