(foto LaPresse)

Non sempre "garantista" è stata una parolaccia

Guido Vitiello

C'è differenza tra chi riconosce e tutela i diritti degli individui da qualsiasi forma di arbitrio, e chi semplicemente attacca i giudici fregandosene del principio del giusto processo

Secondo giorno a bordo della nave Open Bars, bambini! Qualcuno di voi si è lamentato perché ieri ho usato quella parolaccia con la g e le parolacce non si dicono. Ha anche minacciato di riferirlo ai genitori. A mia parziale discolpa, vi dirò che non sempre “garantista” è stato una parolaccia. La Treccani, per esempio, definisce il garantismo come quella concezione dell’ordinamento giuridico che mira “a riconoscere e tutelare i diritti e le libertà fondamentali degli individui da qualsiasi abuso o arbitrio da parte di chi esercita il potere”. Non male, no? E attenti, a esercitare il potere sono in tanti – magistrati, poliziotti, agenti dei vari apparati di sicurezza. Lo so, uno legge il giornale e pensa che garantista stia per “tizio che ce l’ha a morte con i magistrati”. E beninteso, tutti i garantisti, per definizione, ce l’hanno con lo strapotere della magistratura; ma questa è condizione necessaria, non sufficiente. 

 

 

L’Italia è piena di forcaioli che si spacciano per garantisti solo perché attaccano i giudici, e che poi non battono ciglio davanti agli abusi della polizia e dei carabinieri, alle gogne pubbliche aizzate dai ministri, al grilletto facile del cittadino giustiziere. Pensate alla vicenda Open Arms. In nome del garantismo, si sono scagliati contro l’ingerenza delle procure nella sfera autonoma della politica, con argomenti non tutti disprezzabili; ma se ne sono fregati allegramente dell’altra metà del problema: l’habeas corpus delle persone a bordo, e “l’arbitrio da parte di chi esercita il potere” di privare della libertà decine di esseri umani a tempo indeterminato. Ebbene, bambini miei, questi non sono garantisti, sono un’altra cosa – ma non fatemi dire parolacce. (2 - continua)

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