Gustavo Zabrebelsky (foto LaPresse)

Zagrebelsky e quel monologo titubante per non dire "Voto Sì"

Guido Vitiello

Il costituzionalista si è paragonato, dovendo decidere cosa votare al referendum di settembre, all’asino delle dispute sul libero arbitrio. E' chiaro che celasse un messaggio in codice

“Pensandoci e ripensandoci mi sento un asino”. Si deve riconoscere che questo di Zagrebelsky è un signor incipit, pari forse all’“Après tout, je suis con” di Jean-Paul Belmondo in “Fino all’ultimo respiro”. Quando ho letto domenica il suo intervento sul referendum ho subito sospettato che un attacco così prepotentemente letterario dovesse celare un messaggio in codice. Del resto, per certi principi russi l’asino è quasi un animale totemico (penso a Myskin svegliato in Svizzera da un raglio epifanico, nell’“Idiota”). Zagrebelsky si paragona all’asino delle dispute sul libero arbitrio, insomma all’asino di Buridano, e anche se nell’opera di Buridano non c’è traccia di asini è pur vero che questo tipo di dilemmi, per tramite di Aristotele e Tommaso, appassionava i medievali. Ma restando in quei paraggi, più che il ciuchino titubante tra due ragioni parimenti persuasive Zagrebelsky ricorda l’agnello del canto IV del “Paradiso” che sta “intra due brame / di fieri lupi, igualmente temendo”, con una fifa matta di essere sbranato vivo o dal fronte del Sì o dal fronte del No. E se la chiave dell’enigma fosse nel nome stesso dell’animale, o addirittura nel suo verso? Scartando la decrittazione più ovvia (asino per “Astenuto, Sì, No”, che sono poi le tre posizioni sposate dal professore in poche ardimentose righe), sospetto che la risposta venga da un altro asino, quello dello Zarathustra nietzschiano, che raglia il suo trionfale I-A (Ja!). Il monologo interiore di Zagrebelsky sarebbe, insomma, un modo tortuosamente asinino (o grillino, fate voi) per dire Sì, voglio Sì, voto Sì.