Corso di garantismo per bambini

L'immoralità nei nostri giudizi

Guido Vitiello

“L’immoralità necessaria” (Il Mulino) ci spiega perché gli strumenti con cui giudichiamo sono così intrisi di quello stesso male che vorrebbero espellere, che non possiamo maneggiarli

E’ arrivato il giorno della vostra liberazione, piccole pesti. La nave Open Bars apre le sbarre eponime e vi restituisce intatti alle vostre famiglie, sperando che il lavaggio del cervello dia i suoi frutti a lenta maturazione. Non ho diplomi da consegnare né salatini per una festicciola d’addio. Palloncini, neanche a parlarne. Pazienza. Vi lascio però un sussidiario formidabile, messo insieme nel 2009 da Massimo Nobili: “L’immoralità necessaria” (Il Mulino). E’ un florilegio di citazioni letterarie, filosofiche, pittoriche, perfino musicali su tutti i temi di cui abbiamo parlato in questi giorni, nonché su molti altri, e comprende centinaia di autori che vanno dalla A di Abelardo alla Z di Zweig. E’ l’ideale per lo studente svogliato, perché lo si può aprire a caso in qualunque momento e in qualunque punto e trovare qualche riga illuminante. L’essenziale, a ogni modo, è nel titolo: giudicare è necessario, ma gli strumenti con cui giudichiamo i nostri simili sono così profondamente e irrimediabilmente intrisi di quello stesso male che vorrebbero espellere, che proprio non possiamo maneggiarli con entusiasmo o con leggerezza feroce. E’ una grande verità che non troverete nei manuali di diritto, per chi di voi sceglierà di studiarli, in quanto, osserva Nobili, troppo spesso “essi accantonano le immoralità intrinseche dello strumento penale”, quasi fossero piccole impurità nel cristallo della teoria. Questa verità dovete chiederla alla grande letteratura, il migliore antidoto alla cattiva letteratura dei linciaggi mediatico-giudiziari. E ora, liberi tutti! (8 - fine)

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