Abbasso pure Lincoln
Nella guerra al passato non si salva neanche il presidente ucciso per avere abolito la schiavitù
Roma. Nella foga, nel fanatismo e nella furia iconoclastica, prima sono cadute le statue dei leader confederati del sud, come Robert Lee. Un lavoro facile, come non essere d’accordo? Poi sono passati a colpire le pietre di Cristoforo Colombo, lo “sterminatore di indiani” (a Boston una è stata anche decapitata). Qui hanno avuto un piccolo sussulto, visto che è comunque l’uomo che ha scoperto l’America e parliamo di cinque secoli fa. A seguire, i monumenti a Thomas Jefferson, il presidente illuminista che ha scritto da solo la Dichiarazione di indipendenza. Qui è stato un po’ più controverso, ma neanche tanto, perché Jefferson era sì un eroe della separazione di stato e chiesa, un padre fondatore, ma era comunque un famoso proprietario di schiavi. Lo stesso slippery slope che in Inghilterra: si parte con gli schiavisti coloniali Colston e Milligan, si finisce con il nascondere alla vista la statua di Churchill e di Gandhi.
“Rimuovere le statue di Colombo dovrebbe essere la parte facile, come togliere il nome e il volto di Andrew Jackson dalle autostrade, dai campus e dalle valute americane”, scriveva la scorsa settimana New Republic. “Chi è il prossimo? George Washington? Teddy Roosevelt? Abraham Lincoln? Sicuramente non sarete d’accordo con la loro demolizione”. E invece sì.
Adesso a Boston sta per cadere proprio il famoso monumento al presidente che pagò con la vita la liberazione degli schiavi d’America, tre milioni di neri che nei registri fiscali del sud erano elencati insieme al bestiame. Quel Lincoln per il quale quella “mostruosa ingiustizia” vale una spietata guerra civile. Ma già da qualche anno il terreno sempre verde della “diversity” è stato arato bene anche contro Lincoln. “Lincoln era un incorreggibile razzista?”, si era chiesta sul Washington Post la studiosa di schiavitù Manisha Sinha. Poi è uscito un libro di Fred Kaplan, “Lincoln e gli abolizionisti”, in cui si sostiene che il presidente americano che ha abolito la schiavitù lo ha fatto con indugi, politicismi e lentezze perché, in fondo, era uno sporco razzista.
Per oltre cento anni, la statua di Lincoln ha dominato Park Square, a Boston, in omaggio al presidente noto come il “Grande emancipatore”. Si vede Lincoln in piedi e uno schiavo nero seminudo e in ginocchio, mentre una delle mani del presidente è tesa sull’uomo che si è spezzato le catene ai polsi. Ora un ragazzo di colore, Tory Bullock, chiede di abbattere la statua, perché Lincoln non è un liberatore, ma soltanto un uomo bianco, in piedi sopra un ragazzo nero in ginocchio. In un video pubblicato giovedì sulla sua pagina Facebook, Bullock, uno scrittore, attore e influencer, ha fatto appello al sindaco di Boston Marty J. Walsh per rimuovere il memoriale. Ha lanciato una petizione, raccogliendo migliaia di firme.
Walsh si è detto favorevole alla rimozione della statua, una replica dell’Emancipation Memorial a Washington, che fu donata a Boston nel 1879 da Moses Kimball. “Se è libero allora perché è ancora in ginocchio?”, ha detto Bullock. E ora il messaggio è che le “real people”, ciò che provano, ciò che chiedono, sono più importanti delle statue. Così il sindaco di Boston dice che, oltre a rimuovere la statua, potrebbe essere rivisitata per incarnare l’uguaglianza. Magari in ginocchio ci metteranno Lincoln, in omaggio al kneeling che si porta tanto oggi in occidente.
Di questo passo, gli antirazzisti armati di piccone prima andranno ad abbattere il Monte Rushmore coi volti degli schiavisti Washington e Jefferson come fecero i talebani con i Buddha, poi chiederanno di ridipingere di nero e di cambiare nome alla Casa Bianca.