Contro l'ascesa dei nuovi censori
Tutta colpa del “safe space”, la fobia creata dagli studenti contro le idee. Ora la esportano fuori dai campus
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Roma. Bari Weiss, che si è appena dimessa dal New York Times, l’aveva detto all’inizio di giugno durante lo scandalo dell’editoriale di Tom Cotton: il problema sono i campus universitari e quel loro concetto di safe space. Da qualche anno nelle università americane gli studenti hanno adottato una dottrina iperprotettiva che dice questo: non dovete esporci alle idee che ci ripugnano, perché nel momento in cui lo fate state commettendo una violenza contro di noi. Chiarimento numero uno: non si parla di inculcare, indottrinare oppure obbligare gli studenti ad accettare quelle idee, si tratta di una questione di semplice esposizione. Non vogliono nemmeno sapere che esistono. Gli studenti di una facoltà di Legge hanno protestato contro l’insegnamento della “rape law”, la legge sullo stupro, perché non tolleravano la parola “stupro”. Chiarimento numero due: si diceva poche righe fa “gli studenti hanno adottato”, si dovrebbe dire: hanno imposto. E qui si arriva al concetto di safe space. Lo safe space è quello spazio nel quale gli studenti non vengono a contatto con idee che ritengono offensive. Quando è violato (ma alcuni avrebbero da dire anche sul verbo “violare”, così pericolosamente vicino al nome “stupro”), la reazione è durissima. Boicottaggi, denunce, richieste di licenziamento, gogna pubblica. Chi disturba lo safe space rischia. All’inizio di giugno il senatore repubblicano Tom Cotton aveva scritto un op-ed per il New York Times, in pratica una lettera aperta ospitata dal giornale, nel quale chiedeva che l’esercito americano fosse schierato nelle strade per fermare i saccheggi. A dispetto del fatto che anche Erdogan e il capo dei talebani Sirajuddin Haqqani, sul cui capo pende una taglia da dieci milioni di dollari, avessero scritto op-ed sul New York Times senza che nessuno battesse ciglio (perché non li leggono), l’op-ed di Cotton aveva creato uno scandalo. Il problema, aveva commentato Weiss, è che gli studenti sono usciti dai campus, hanno cominciato a lavorare anche al New York Times e adesso pretendono di applicare lo stesso concetto di safe space al mondo. Questo succedeva un mese e mezzo fa.
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- Daniele Raineri
Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)