(foto LaPresse)

Sul fronte della guerra delle statue in Gran Bretagna

Paola Peduzzi

La polizia di Londra s’aspetta “la tempesta perfetta” per il weekend quando a difesa delle statue arriva l’estrema destra

Milano. Shrewsbury, cittadina di 70 mila abitanti delle Midlands occidentali inglesi, al confine tra Inghilterra e Galles, è uno dei fronti della battaglia culturale sulle statue che si sta combattendo nel Regno Unito (e non solo). Qui lo scontro è molto democratico: due petizioni contrapposte, un consiglio che dovrà decidere, un museo dove eventualmente riporre la statua della contesa. O almeno, per ora è stato così, perché questa guerra culturale oggi è pronta per essere strumentalizzata dall’una e dall’altra parte. Anche Shrewsbury è a rischio. La città in cui nacque Darwin ha in una delle sue piazze principali la statua di Robert Clive, uomo del Settecento che è stato brevemente sindaco di Shrewsbury ma che è famoso soprattutto per essere stato il primo governatore della provincia del Bengala, una delle regioni più grandi dell’Impero britannico nell’India occidentale. Clive è uno dei più famosi militari della Compagnia delle Indie occidentali, conquistò e organizzò (a volte con brutalità, comprese le carestie create apposta per garantire la sottomissione) moltissimi territori, guadagnando un’enorme fortuna. Era già controverso ai suoi tempi, Clive, perché lavorava per la Compagnia e non per il governo, ma mise le basi del British Raj e questo conflitto portò Clive a risponderne davanti al Parlamento inglese. Clive aveva anche ridotto l’influenza di Francia e Olanda in quelle terre difendendo l’interesse britannico, e quando tornava dai suoi viaggi metteva a disposizione le sue fortune: è per questo che a lungo è prevalsa la riconoscenza – che è spesso il motivo per cui queste statue sono state costruite (questa risale al 1860).

   

Al comune di Shrewsbury è stata presentata una petizione per la rimozione della statua: il regolamento vuole che alla millesima firma, la questione venga presa in considerazione. La soglia è stata superata ampiamente, ma nel frattempo è stata presentata un’altra petizione che dice il contrario: la statua deve rimanere dov’è. I giornali locali riportano le dichiarazioni e le motivazioni di entrambe le parti e anche la voglia di giustizia della comunità di origine indiana e pachistana che di quel passato imperiale ha percezione diversa. Al prossimo consiglio comunale le due petizioni saranno discusse per provare a trovare una soluzione – le petizioni sono da un punto di vista legale equivalenti. E molti chiedono: ma c’è una soluzione? E’ qui che gli estremi prevalgono. Nella furia di individuare tutti i siti legati alla schiavitù, nella lista “Topple The Racists” è finita anche una palazzina di Portsmouth perché sarebbe stata costruita da schiavi – è del 1988, quindi non è possibile. Ma una volta che una lista di statue da rimuovere diventa plausibile, dove si traccia la linea della rimozione? Dall’altra parte, tra chi “difende i monumenti e la storia”, l’estremismo non è meno pericoloso, anzi. Per sabato è prevista una manifestazione “di unità patriottica” a Londra in contrapposizione alle proteste di Black Lives Matter. Tra gli animatori ci sono Tommy Robinson, uno dei volti più noti dell’estrema destra inglese.

  

Con lui c’è anche Britain First, che organizza “pattuglie bianche” contro le comunità non bianche – ed è molto attivo sulla rete. Da domenica, quando le proteste contro il razzismo sono arrivate in Europa e sono cominciati gli sfregi alle statue, molti gruppi online di estrema destra si sono attivati: Robinson e Paul Golding, leader di Britain First, hanno pubblicato video in cui si lamentano della polizia che ha perso il controllo delle proteste contro il razzismo rendendo inevitabile un altro tipo di difesa, la loro. Questi video sono stati diffusi sui social media, Telegram e sul social russo Vk – i soliti noti, anche se non bisognerebbe distrarsi troppo perché questo format di propaganda è sempre più utilizzato. Lunedì a Hoddesdon, una piccola cittadina nel sud inglese, uno di questi gruppi galvanizzati online ha fatto il saluto nazista alla folla che si stava riunendo per una veglia gridando: “Perché non ve ne tornate in Africa?”. Il tabloid Sun ha scritto: prepariamoci alla “tempesta perfetta” e ha raccontato l’unione tra gruppi di tifosi di calcio noti per la loro violenza e la gente di Robinson che sui social fa passare un segmento in particolare dei video di accusa alla polizia, quello in cui si dice che le forze dell’ordine non fanno tanto ordine “perché ci sono troppe persone che non sono bianche”.

  

La critica alla polizia non è stata ripresa fuori dal circolo di Robinson e di Britain First perché cozza contro uno degli argomenti principali di chi si oppone alle proteste contro il razzismo, per ragioni appunto di ordine pubblico. Il leader dell’indipendentismo inglese e della Brexit dura Nigel Farage dice, parafrasando Donald Trump, che Black Lives Matter è un’organizzazione marxista “che vuole abolire la polizia e smantellare il capitalismo” e per questo va contenuta. Per Farage non è questo il momento di attaccare la polizia, altrimenti si finisce per annacquare lo scontro proprio quando si ha in mano un’arma tanto utile com’è la campagna “abolish police” da parte di chi protesta contro il razzismo. Ma si potrebbe trattare di semplice tatticismo, perché l’obiettivo delle controproteste è più ampio ma come spesso accade potrebbe finire per essere ridotto a uno scontro tra estremisti. E’ per questo che la polizia è preoccupata: l’espressione “tempesta perfetta” prevista per domenica viene proprio dai vertici della Metropolitan Police di Londra. Il rischio è alto, e si salda a divisioni e polarizzazioni molto profonde nel Regno Unito, dalla Brexit in poi. Lo spirito delle petizioni di Schewsbury non sembra avere molto seguito, per non parlare delle cautele civiche post lockdown.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi