(foto d'archivio LaPresse)

Trump a Tulsa si rituffa in quello che ama, i megacomizi popolari

Daniele Raineri

Trump sceglie la città dell'Oklahoma (dove nel 2016 ha vinto di 36 punti) per un evento spettacolare, su cui pende un ricorso per bloccare tutto

Roma. Oggi a Tulsa in Oklahoma c’è un evento spettacolare per celebrare il ritorno di Donald Trump nella campagna elettorale. E’ come piace a lui, con la folla sugli spalti, con il rapporto diretto e con un’arena da diciannovemila posti che dovrebbe essere tutta piena – e altre migliaia di persone a guardare i maxischermi fuori. La folla gli ricorda i comizi del 2016 e che i democratici non riescono a raccogliere lo stesso numero di persone dal vivo. I giornali possono essere critici, ma lui ha le arene. Sarà anche il primo discorso dall’inizio di marzo dopo la pausa dovuta alla pandemia – che però va ancora molto forte. Agli ingressi saranno distribuite migliaia di mascherine, ma indossarle non è obbligatorio perché l’ortodossia trumpiana dice che indossare le mascherine è roba da codardi liberal. In molti notano questa cosa, che ricominciare con i comizi potrebbe essere prematuro in un paese dove l’epidemia da Covid-19 produce ancora centinaia di morti al giorno, ma queste settimane di proteste nelle strade hanno creato un clima da “e allora loro? Perché loro sì e noi no?”. Le trecento persone che di solito lavorano all’arena hanno preferito astenersi in massa e sono state rimpiazzate da volontari trumpiani. Alcuni abitanti di Tulsa hanno fatto ricorso contro i manager dell’arena per bloccare l’evento perché è ad altissimo rischio di trasmissione della malattia, ma la decisione è ferma davanti alla Corte suprema dell’Oklahoma e nel momento in cui questo giornale va in stampa stanno ancora aspettando.

Il nome scelto per l’evento è “The Great American Comeback”, la grande rimonta dell’America. Ci saranno numeri musicali e gli organizzatori hanno noleggiato un jet per portare sul posto una cinquantina dei volti più famosi tra i sostenitori del presidente, che come Trump saliranno su palchi montati fuori e dentro l’arena, e alcune troupe con telecamere, per fare molti video della gente che diventeranno spot elettorali. L’idea è di rimettere in moto la campagna del presidente in grande stile dopo la sequenza di errori e disastri che come al solito avrebbe steso altri candidati ma non Trump e il suo seguito che lo abbraccia con entusiasmo quasi religioso. La lista degli ultimi: avere trasformato l’epidemia in un tema di divisione politica, avere fatto lo stesso con le proteste del movimento Black Lives Matter, essere finito nel libro scandaloso del suo ex collaboratore John Bolton. Pure questo seguito di elettori però si assottiglia e non si espande, i sondaggi in questo momento vanno male per il presidente. Il Financial Times qualche giorno fa parlava del dilemma di Trump con il Covid-19 e i suoi elettori: se riapre troppo tardi affossa l’economia, che gli serve per vincere le elezioni, se riapre troppo presto mette in pericolo gli anziani, che sono la sua fetta naturale di elettorato. 

 

(foto LaPresse)

 

L’organizzatore della campagna, Brad Parscale, ha scelto Tulsa con un occhio a due fattori. E’ in Oklahoma, dove c’è una solida base trumpiana che nel 2016 ha dato un vantaggio di 36 punti percentuali contro Hillary. E ha meno problemi con l’epidemia di altri posti in America, quindi offre più sicurezza. Ma è già un paese diverso rispetto a poche settimane fa. Prima ci sono state polemiche perché l’evento era fissato per il 19 giugno, quindi per Juneteenth, il giorno che celebra la fine della schiavitù in America e quindi sembrava sbagliato che proprio in questo periodo, con proteste da un capo all’altro del paese, Trump ignorasse la festa. Ha spostato il comizio al giorno dopo. Tulsa è anche la città dell’ultimo grande pogrom americano dei bianchi contro i neri nel 1921 (non si conosce il bilancio dei morti, tra le decine e le centinaia) e quindi la festa ha un carico simbolico. Poi è cresciuta la tensione e le autorità della città hanno dichiarato un coprifuoco di tre giorni, da giovedì a sabato, per smorzare eventuali manifestazioni contro il presidente. Trump ha minacciato da Twitter gli eventuali manifestanti contro di lui che scegliessero di presentarsi a Tulsa, “non sarete trattati come a New York, Seattle o Minneapolis”. S’intende: con le brutte maniere.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)