(foto LaPresse)

Statue rotolanti e facce di bronzo

Guido Vitiello

Colombo è abituato alle ritorsioni della folla e sembra ci abbia fatto l'abitudine. Immaginate come se la ride a denti stretti davanti alle tante teste di pietra che fanno proclami sul suicidio dell’occidente

Dunque, ricapitolando. A Denver, nel 1989, l’attivista sioux Russell Means versò del sangue finto su un Cristoforo Colombo di bronzo e di pietra al Civic Center Park. “Non vogliamo distruggere questo monumento all’eredità di Colombo, vogliamo solo completarlo” fu la sua rivendicazione, indubbiamente ben congegnata. Due anni più tardi, mentre se ne stava tranquillo sulla sua fontana a Washington, il povero Cristoforo si beccò una secchiata di vernice rossa; e a Pittsburgh, nel 1997, una passata di spray dello stesso colore. Appena un anno, e una donna in visita alla Casa Bianca sfigurò il suo busto insieme a quello di Vespucci, ma nel 2001 a San Jose – ahia – un uomo lo colpì con una grossa mazza al grido di “Genocide!”. Mesi dopo il poveretto fu decapitato a Santa Barbara, e una seconda volta a Boston nel 2006. E questo per limitarci agli Stati Uniti. Sapeste cosa gli hanno fatto passare in Messico, in Salvador, in Honduras, in Bolivia! A Caracas, nel 2004, fu buttato giù dal piedistallo e trascinato per le strade. Sembra però che Colombo non se la sia presa troppo: ci ha fatto l’abitudine. Sa bene che gli attacchi iconoclasti, per un monumento, fanno parte dei rischi del mestiere e del tran tran quotidiano non meno delle attenzioni dei piccioni. Immaginate quindi come se la ride a denti stretti (è così che ridono i monumenti) davanti alle tante facce di bronzo e teste di pietra che, in pose ben più comicamente statuarie della sua, davanti alla nuova ondata di violenza, l’ennesima, fanno proclami pomposi sul suicidio dell’occidente per mano del politicamente corretto.