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“Il M5s vuole chiudere l'Ilva, il Pd e Renzi gli vanno dietro”. Parla Calenda

Luciano Capone

Le “buffonate” di Boccia e del governatore pugliese, le contraddizioni di Conte e la via d’uscita: “Il primo passo è rimettere lo scudo”

"Conte non sa che pesci prendere”. Le parole di Carlo Calenda sulla gestione del dossier Ilva sono molto dure nei confronti della maggioranza, anche nei confronti dei suoi ex alleati. Cosa bisogna fare? “Dopo essersi messi alla mercé di Mittal dandogli la possibilità di svincolarsi dal contratto, la prima cosa da fare è levargli la via di fuga legale. Bisogna cioè immediatamente ripristinare lo scudo penale”. E poi? “Contemporaneamente si deve intervenire per posticipare la data del revamping dell’altoforno 2 rispetto alla data folle del 13 dicembre fissata dalla magistratura”. In che modo? “Sempre per decreto. Bisogna dire che il revamping va fatto nella data prevista dal piano ambientale e che nessun provvedimento di sequestro può intervenire prima”. Potrebbe non bastare. “In secondo luogo bisogna intavolare un negoziato con Mittal, partendo da due presupposti. Il primo è che l’area a caldo non deve chiudere e il secondo è che gli esuberi non sono accettabili”. Le due cose sono strettamente legate, come si fa? “Si può tornare all’accordo sindacale che avevo proposto, facendo assumere all’amministrazione straordinaria in società con Invitalia una parte dei lavoratori per fargli fare le bonifiche fuori dall’impianto con i soldi sequestrati ai Riva”. 

 

“Un secondo elemento – dice l’europarlamentare leader di Siamo europei – per venire incontro a una effettiva crisi profonda dell’acciaio può essere pagare sempre con i soldi dei Riva una parte del piano ambientale interno che competerebbe a Mittal”. Calenda, lei sembra essere ormai l’unico rimasto a difendere il lavoro fatto dai governi del Pd. Il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia dice che avete sbagliato tutto. “Boccia è solo lo scendiletto di Emiliano, fa dichiarazioni che dimostrano la sua totale ignoranza”. L’idea è che avete sbagliato a far vincere Mittal, era meglio la cordata di Jindal. “Se Boccia lo dice esplicitamente si becca una querela, tra l’altro facile da vincere, perché l’assegnazione a Mittal deriva da una gara monitorata dalla Commissione europea, svolta in modo talmente impeccabile che la cordata che ha perso non ha neanche fatto ricorso. Bisogna smetterla di dire buffonate su un argomento così delicato”. Magari l’altra cordata si sarebbe comportata diversamente. “Il gruppo Jindal, che è a Piombino, aveva una solidità finanziaria infinitamente inferiore, quindi non si capisce come non avrebbe risentito della crisi dell’acciaio. Inoltre riteneva imprescindibile lo scudo penale, così come i commissari e Mittal. Quindi se ne sarebbe andato, esattamente come ArcelorMittal”. Nella conferenza stampa invece Conte usa come punto di forza dell’Italia proprio la vostra gara, dicendo che Mittal deve rispettarla. “Il governo dice tutto e il contrario di tutto. Su Ilva vediamo tutti i mali d’Italia, in particolare il pressappochismo e la superficialità. Sarà pure un alibi, ma Mittal ha fatto un comunicato ufficiale a giugno in cui diceva che senza scudo avrebbero chiuso a settembre, quindi quando Renzi e il Pd hanno votato insieme al M5s l’emendamento Lezzi hanno determinato la chiusura dell’Ilva. Fine”.

 

La sensazione era che fosse un bluff. “Perché sono dilettanti allo sbaraglio. Si inventano di essere merchant banker, come Renzi che dichiara ‘porterò una cordata’. La stessa cosa vaneggiava su Alitalia, ancora la stiamo aspettando”. Si dice però che l’intenzione di Mittal era sin dall’inizio prendere Ilva e chiuderla. “Fanno anche gli psicologi. Non so quali siano le intenzioni di Mittal, nessuno è nella sua testa. Ma so che era legato a un contratto da 4,2 miliardi e che questo contratto è caduto per una cavolata fatta da questi in Parlamento. Il resto sono speculazioni che non servono a nulla”. Quindi nessun complotto. “Il complotto di Mittal non poteva esserci finché era vigente il contratto. Questo complotto cozza con le dichiarazioni del ministro Costa, che dice che sul piano ambientale sono in anticipo e anche con il fatto che per prendere l’Ilva hanno dovuto vendere diverse fabbriche europee per essere a posto con l’Antirust. In ogni caso se pure ci fosse stato un complotto, il governo ha solo collaborato a realizzarlo”. L’Ilva rischia di diventare ciò che la Tav è stata per il Conte 1? “Lo è già diventata. Solo che in questo caso i No Tav, cioè i No Ilva, sono anche i partiti presunti riformisti. Ed è questo che è inaccettabile”. Si sottolineano le responsabilità di Mittal. “Non c’è uno che ammetta l’errore. Scaricano le colpe su Mittal, ma perché non lo fanno fuori? Gli dicono: ‘Fate schifo ma, vi prego, restate’. C’è un’incoerenza incredibile, tipica di chi pensa che gli italiani se la bevano”. Ma questa situazione dipende più dalla volontà di chiudere l’Ilva o dall’incapacità di gestire la crisi? “Il M5s la vuole chiudere esplicitamente. Boccia ed Emiliano vogliono che accada ma senza assumersene la responsabilità, vogliono far chiudere l’Ilva dando la colpa ad altri. Il Pd in generale non sa proprio di cosa si sta parlando e va a ricasco”. Parla sempre del voto sull’emendamento Lezzi? “Un capolavoro. La Lezzi ha fatto saltare lo scudo penale perché deve candidarsi alle regionali per il M5s. Il Pd non solo l’ha appoggiata, facendo precipitare la crisi dell’Ilva, ma pensa di ricandidare Emiliano, il responsabile della distruzione degli ulivi in Puglia con il suo no a tutto, colui che ha paragonato il tubo del Tap ad Auschwitz e che cerca di far saltare l’Ilva. Sarà un confronto alla pari, tra due giganti".

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali