Da sinistra Roberto Speranza, Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Visto? Meglio il monocolore grillozzo

Giuliano Ferrara

No, l’alleanza a due non funziona. Serve la toppa: il proporzionale

Le ultime due sventure che hanno colpito la maggioranza trasformista nata dall’autogolpe agostano del senatore Salvini si chiamano tassa sulla plastica e riconsegna delle chiavi dell’Ilva da parte di ArcelorMittal (non si calcolano disavventure minori e bibite). Un colpo duro al paese, arrivato subito dopo che il cambio estivo aveva di per sé sanato il debito del Papeete, con un modesto ma importante dividendo che la doppia, molesta caciara fiscale e industriale sta rapidamente cancellando. In tutti e due i casi disgraziati eccelle, come causa immediata, la gesticolazione del parco giochi a 5 stelle e dei suoi sedicenti governanti. La giustizia ambientale di cui si fanno paladini devasta giustizia e ambiente, ma è la loro giustizia ambientale. Stare con loro al timone, e magari farsi fotografare in stile alleanza strategica a Narni, sembra un atto spericolato e autolesionista per chiunque. I grillozzi sono specialmente ubriachi nella vertigine dell’autogol, e pretendono poi una equa ripartizione dei risultati al grido di onestà-tà-tà. Non vorrebbero alleati, ma poi ne hanno un disperato bisogno per dare il peggio di sé e affondare ogni possibile coalizione nel disdoro e nel finto conflitto ideologico.

 

Però hanno il 32 per cento. Sono di gran lunga il partito di maggioranza relativa in base ai risultati delle recenti elezioni politiche. Hanno fallito il governo del cambiamento e del contratto, di concerto con il senatore Salvini, corresponsabile dei loro atti osceni, che ora cerca riparo nelle intemerate del dopo e sotto le tonache di eminenze illustri come Berlusconi e Ruini, il che rispetto alla bullaggine solitaria è un grottesco ma palpabile progresso.

 

Rifiutare i pieni poteri al bullo era sacrosanto. La vera sola alternativa era garantire, ma con la formidabile riserva che ha in mano chi compone una maggioranza e esercita il coalition power, la loro esposizione diretta. Ma stare con i grillozzi in un esecutivo, e addirittura predicare l’avvento di una convergenza strategica di maggioranza, è una commedia trasformista che non fa ridere nessuno se non loro. Un buon trasformismo sarebbe stato appoggiare dall’esterno, con vivace capacità di controllo e di veto, alla Renzi diciamo, un loro governo, di loro responsabilità. Oggi si sarebbero potuti fermare la tassa antimprese e l’abbandono incauto, tragico, dell’Ilva di Taranto. Avrebbero dovuto assumersi in solitario il compito di tagliarsi gli attributi e di precipitare il paese nel nonsenso dannoso, senza altri a condividere il peso di tanta incompetente saccenza e senza imbrogliare le carte. La questione agostana era: non puoi dare i pieni poteri a uno che ha raccolto il 17 per cento; non puoi sciogliere le Camere per una intimidazione in cattiva forma e minacciosa; non puoi non fare i conti con il 32 per cento dell’elettorato e i suoi rappresentanti. Il governo a due e l’alleanza strategica sono stati una toppa, e a tratti appare una toppa peggiore del buco.

 

Può essere che toppa segua a toppa, e che non si sa come gli eroi del trasformismo sbilenco riescano a fare qualcosa di retto, ma è difficile, visto come si mettono le cose. L’ultima risorsa è che i grillozzi sanno una cosa: se si vota oggi, affogano. E su questa base un Pd compos sui dovrebbe fare quel che non ha fatto in agosto: imporre subito una legge elettorale proporzionale di comune garanzia politico-istituzionale e limitare il condominio con gli scappati di casa a una possibile piattaforma per una maggioranza presidenziale minimamente accettabile al 2022. Forse i grillozzi capirebbero il senso di una convergenza opportunistica, sul senso dello stato e sulla capacità di governo non pare si possa contare oltre misura.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.