I Cinque stelle sono la nuova “casta”
Nogarin va a fare il consigliere politico di D’Incà, mentre Lemmetti sgasa con la sua Bmw
Roma. Arrangiarsi è un’arte. Lo hanno appreso anche i Cinque stelle, che hanno passato anni a berciare contro il professionismo della politica, salvo poi scoprire di far parte, e con gusto, proprio di quella “casta” contro la quale erano nati.
Prendete Filippo Nogarin, l’ex sindaco di Livorno che ha cercato riparo in Europa dopo la fuga dalla Toscana per manifesta incompetenza: trombato alle elezioni europee. Neanche con il governo gli è andata bene. I primi di settembre era dato come sottosegretario del secondo governo Conte, ma pure lì non è andata granché ed è rimasto fuori. Per fortuna ci sono ancora gli amici, come Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, di cui è diventato consulente esterno (consigliere politico per la precisione). Un lavoro oggidì non si nega a nessuno, come sa bene Dino Giarrusso, che prima di essere eletto a Bruxelles ha dovuto essere piazzato in giro dai Cinque stelle. Prima ha tentato l’elezione a Montecitorio, ma non è passato, poi è stato nominato responsabile comunicazione del gruppo di Roberta Lombardi in Regione, dunque è stato promosso da Lorenzo Fioramonti quando era viceministro dell’Istruzione a capo dell’osservatorio sui concorsi nelle università e negli entri di ricerca. Quello dei Cinque stelle è insomma un metodo: le elezioni non vanno bene? Ci sono i posti di sottogoverno a compensare.
Vale dunque l’adagio: per arrangiarsi servono inventiva e fantasia. Un altro ben edotto nella pratica è Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio di Roma, già assessore della giunta Nogarin a Livorno, recentemente finito sotto indagine della Corte dei conti per le sue spese di viaggio: quasi ventimila euro da quando ha preso il posto di Andrea Mazzillo, cacciato da Virginia Raggi nell’agosto 2017. Ma come è possibile? Gli è che il Lemmetti, commercialista ed ex cassiere di una nota discoteca in Versilia, non vive a Roma, bensì a Camaiore. Non prende il treno ma viaggia solo con la sua auto. Secondo un articolo di qualche giorno fa dell’edizione romana del Corriere della Sera, “i rimborsi per i suoi spostamenti da casa, a Camaiore in provincia di Lucca, a Roma dove appunto lavora, circa 366 chilometri, spiccano perché in effetti è l’unico, tra assessori e consiglieri, a presentare note spese così assidue e importanti: 11.031 euro tra gennaio e novembre 2018, e 8.586 euro tra febbraio e giugno 2019. In tutto quasi 20 mila euro”.
Dopo l’apertura di un’indagine da parte della Corte dei conti, l’assessore – noto per le sue pittoresche magliette, come quella con la scritta “Vistra”, abbreviazione di un’espressione livornese parecchio colorita: “Vi stracao sur petto” – ha precisato: “Sono rimborsi previsti dalla legge, rendicontati e vagliati dagli uffici capitolini. Per questo assicureremo la massima collaborazione ai giudici, mettendo loro a disposizione tutta la documentazione disponibile”. Ci mancherebbe, ci auguriamo che sia tutto regolare, naturalmente. Solo che con tutto il pauperismo grillino, pronto a denunciare sprechi (degli altri), uno si aspettava maggiore accortezza nella mobilità degli assessori.
Oltretutto, nel caso di Lemmetti c’era già un precedente che i giornali romani non conoscono o non ricordano. Già a Livorno scoppiò un caso analogo a causa di una delibera che istituiva i rimborsi spese per i viaggi degli assessori. Diversi di loro, infatti, non risiedevano in città ma venivano da fuori, Lemmetti compreso, qualcuno anche da parecchio fuori, come l’allora assessore alla Cultura Nicola Perullo, ordinario di Estetica all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che faceva avanti e indietro con Bra, provincia di Cuneo. Secondo un primo calcolo fatto dal Tirreno in un articolo del novembre 2015, fra il luglio del 2014 e il settembre del 2015 gli assessori pendolari costarono 30 mila euro circa. Tra l’agosto 2014 – mese della nomina – e il settembre del 2015, Lemmetti chiese 12.397,55 euro di rimborsi, una media di quasi mille euro al mese (885,53 euro).
Adesso è successo lo stesso, perché Lemmetti ama usare la sua Bmw per rientrare regolarmente a casa. I Cinque stelle diranno che “le eccellenze” si pagano. E infatti Lemmetti lo rivendica: “Percepisco rimborsi per venire a Roma e svolgere il mio ruolo istituzionale. Ho accettato di lavorare per la Capitale d’Italia per rimettere in ordine i bilanci, garantire una programmazione delle spese e degli investimenti, assicurare un futuro a una città che vuole cambiare, con legalità e trasparenza”. E’ la stessa cosa che potrebbe ripetere qualsiasi vertice di un’amministrazione o di un’istituzione pubblica sottoposto a taglio grillino: per lavorare mi dovete pagare.
L'editoriale del direttore