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Bellanova a Conte: “L'Italia non sia lo zimbello d'Europa”

Annalisa Chirico

Parla il ministro di Italia viva: “L’Ilva? Se firmi un accordo, devi rispettarlo. Non possiamo permetterci una nuova Bagnoli”

Roma. “Sull’Ilva in troppi non hanno scelto”, esordisce al Foglio il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, con il piglio battagliero dell’ex sindacalista che va dritta al punto. “Per noi di Italia viva l’acciaieria deve restare aperta, perciò siamo pronti a presentare un emendamento che ripristini le garanzie legali cancellate”. Cancellate anche con il vostro voto favorevole, ministro. “In consiglio dei ministri il premier Conte e il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli ci avevano garantito che il confronto con ArcelorMittal sarebbe proseguito senza ripercussioni. Adesso tutti dovranno assumersi la responsabilità di scegliere”. In che senso? “La nostra posizione è chiara: Iv vuole l’Ilva aperta e funzionante. Ma il Pd è disposto a chiarire una volta per tutte che cosa intende fare a Taranto? Perché io non l’ho capito”. Anche sul M5S aleggia una pesante ambiguità: per i grillini, che hanno già incassato uno schiaffo sul Tap, lo scalpo dell’acciaieria pugliese sarebbe una rivincita. “E’ ora di finirla con la propaganda. C’è un investitore che ha sottoscritto un piano industriale e di risanamento ambientale, su questo bisogna andare avanti. L’Ilva non può diventare una nuova Bagnoli, un cimitero a cielo aperto che non risolverebbe il problema dell’inquinamento. Quando si dice no a tutto e si arriva a immaginare un parco giochi al posto di una fabbrica, si conquista forse del facile consenso ma poi le ricadute di quegli slogan sciagurati e demagogici presentano il conto. E il conto lo pagano i cittadini. La politica non è un palcoscenico per riscuotere applausi, la politica è un esercizio faticoso che ti pone ogni giorno di fronte alla responsabilità di decidere. E le decisioni che assumi incidono sulla vita degli altri”.

 

Lei, da componente dei governi Renzi e Gentiloni, ha seguito in prima fila la vertenza di una fabbrica che vale l’1,4 percento del pil nazionale. “Negli ultimi quattro anni mi sono recata ogni settimana a Taranto. Ho partecipato a trentadue tavoli, insieme ai commissari e ai nuovi acquirenti, per definire le migliori condizioni possibili. Mentre io lavoravo, altri discettavano”. In effetti, il Pd non l’ha sostenuta in quei mesi, il presidente della regione tifava per la chiusura. “Con Renzi e pochi altri coraggiosi ci siamo beccati i fischi e le proteste dei contestatori che provenivano anche dal mio partito di allora. Non ci siamo tirati indietro, siamo andati ugualmente perché sapevamo che quella vicenda aveva provocato lacerazioni profonde”. L’hanno accusata di anteporre il lavoro alla salute. “Parla così soltanto chi non conosce il valore e la dignità del lavoro. Nei decenni passati la città è stata letteralmente stuprata in nome di una concezione che ha anteposto la produzione senza riguardo per la salute. Oggi la tecnologia e la scienza hanno compiuto progressi, e non esiste alcuna alternativa secca tra i due. All’investitore che si è formalmente impegnato vanno garantite le condizioni per operare, senza alibi di sorta”. Lei sa bene che, venute meno le tutele legali minime, nessun investitore è disposto a impegnarsi su Taranto. “In Cdm ho spiegato al premier e allo stesso Patuanelli che senza quella clausola sarebbe impossibile individuare un soggetto disposto a realizzare il piano di risanamento ambientale. Se in passato qualcuno ha inquinato, oggi non può essere chiamato a risponderne chi sta lavorando per disinquinare”.

 

Patuanelli insiste nel dire che lo scudo penale sarebbe una “foglia di fico”. “Guardi, io sono abituata ad affrontare i problemi con serietà. Ventimila posti di lavoro rischiano di saltare, insieme agli operai di Taranto attendono una risposta quelli di Genova e Novi Ligure. L’Italia non può diventare lo zimbello d’Europa: se firmi un accordo, devi rispettarlo. Se cambi le condizioni in corso d’opera, mandi al mondo il messaggio che sei un paese inaffidabile. Una politica autorevole non può assecondare gli umori contingenti”. Il governo è oltremodo litigioso: non si capisce quali siano i punti di contatto, per esempio, tra Iv e M5S. “Noi governiamo insieme perché ci siamo fatti carico di un’emergenza democratica. Qualcuno aveva chiesto i pieni poteri annunciando lo scioglimento del Parlamento”. Matteo Salvini puntava alla marcia su Roma? “Il paese era a rischio”. Supponiamo che si esca dall’emergenza democratica: che succede? “Vedremo per quell’epoca”. Qualcuno nel Pd l’ha accusata di irriconoscenza. “Io non ho padronaggi alle spalle. Nessuno mi ha regalato niente nella vita”. Si diverte al ministero? “Ieri ho riunito un tavolo sullo spreco alimentare, un richiamo alla solidarietà. Per la Giornata mondiale della pasta i pastai italiani hanno donato 200 mila pasti caldi agli indigenti della Comunità di Sant’Egidio. Io mi diverto, come dice lei, quando mi occupo di cose concrete”. Su plastica e auto aziendali, andrete fino in fondo? “Dopo aver espresso in ogni sede il nostro dissenso verso queste misure, interverremo in Parlamento”. Vi accusano di picconare il governo. “Vedo molta agitazione dalle parti del Pd che ha costretto un valoroso amministratore come Stefano Bonaccini a dover illustrare gli immensi danni del balzello sulla plastica per un intero settore industriale”. C’è chi dice che lei sarebbe la candidata ideale per le regionali pugliesi, 2020. “Io spero di rivelarmi all’altezza del mio attuale incarico. Per il futuro si vedrà”.

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