(foto LaPresse)

Allora, chi riparte?

Adriano Sofri

C’è una differenza insormontabile fra imporre “a tutti” di restare a casa e progettare e ordinare che restino a casa alcuni, per esempio gli anziani, fino all’anno prossimo

La ripartenza. Si preparano a investire nella produzione di autovetture monoposto, un dinamico design di umani sdraiati. E a benzina, naturalmente: il petrolio oggi te lo tirano dietro. Sentono dire che niente potrà essere come prima, e gli viene una faccia triste triste: “Eravamo appena arrivati nell’antropocene, e già volete uscirne?”

 

Allora, chi riparte? Chissà se qualcuno si sia accorto che c’è una differenza fra chiedere, e perfino imporre, “a tutti”, di restare a casa, e progettare e ordinare che restino a casa alcuni, per esempio gli anziani e i titolari certificati di patologie pregresse, per esempio fino all’anno prossimo. C’è una differenza ed è insormontabile. Si potrà senz’altro confinare i contagiosi per il tempo debito, e raccomandare agli “anziani” – quelli che “sono ancora vivi”, quelli che “non sono ancora morti” – di tenersi al riparo, per il loro bene, ma programmare e ordinare fuoruscite scaglionate a norma di legge no. Cioè: NO.

 

(Poi, siccome è umano accostare le cose molto grosse alle apparentemente minime, come i peccati commessi nella lingua, aggiungerò che “pregresso” è aggettivo squallidissimo, per giunta evaso – ha l’età mia – dagli ambulatori medici al resto del mondo, che oggi pensa in termini di dolci baci e di pregresse carezze. E’ curioso che invece nel gergo penitenziario e giudiziario la parte di pena già espiata si chiami “presofferto”, parola altrettanto squallida, ed evitata con cura dai vocabolari, ma che almeno riconosce alla cosa una sofferenza. Le patologie nemmeno quella).

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