(foto LaPresse)

Politica e fantasia

Fabio Massa

Alla fase 2 di Milano servirà un colpo d’ala e nuovi modelli. Beppe Sala lo sa, e si gioca molto

E’ indubbio che oggi serva la politica. Ma quella geniale, quella con l’ottimismo e anche con la fantasia, Quella da numero 10, che mostra la sua grandezza anche durante il riscaldamento (prima di ricominciare, insomma), come Maradona prima di Bayern-Napoli. Nel “Catalogo delle idee chic” Flaubert afferma perentorio che “di grandi uomini non ce ne sono”. Ma ad esempio uno come Macron ha avuto la verve di dire al Financial Times che “è tempo per pensare l’impensabile”. Non siamo la Francia, siamo soltanto Milano, però oggi si può ben dire che a Milano serve più un politico capace di un azzardo di genio che qualche altra task force di esperti e scienziati. Ce ne sono fin troppe a Roma e sono pure sopravvalutate. Certo, c’è chi le invoca. Si sta facendo strada, per esempio, un movimento carsico di donne che vorrebbe una task force al femminile per proporre soluzioni al fine di uscire dal lockdown milanese. Utile? Chissà. Forse basterebbero le idee, senza task force e senza quote, una volta tanto.

 

Intanto che ci si balocca tra esperti, ci sono scelte concrete da fare e idee geniali da cercare adesso, mentre ci si scalda in vista del 4 maggio. Ne va di Milano, e se non riparte Milano è dura per tutto il resto del paese. Ma ne va anche del futuro politico di Milano, e il sindaco Beppe Sala lo sa bene, perché non è uno stupido e soprattutto è dotato di un istinto di autoconservazione sopraffino. Il modello su cui ha costruito fin qui adesso non basta più, nemmeno il green, con buona pace di Greta. Serve un nuovo hardware. Per esempio, i trasporti. Sala sa perfettamente che se va in crisi il sistema di Atm – e la lancetta è su probabilità estrema più che su possibilità – non ci sarà regione che tenga (peraltro, avrà le sue gatte da pelare con Trenord). E a finire sul banco degli imputati sarà il primo cittadino. Fino all’avvento del virus, Atm è stata una macchina molto complessa, ma in equilibrio, proiettata sul grande investimento elettrico per il futuro. Ora, con il distanziamento sociale che comporta la fase 2, saltano tutte le metriche. Occorreranno più carrozze e più corse perché dovranno essere garantiti spazi tra una persona e l’altra. Questo comporterà una esplosione dei costi. Beppe Sala lo sa, e lo sa benissimo il suo assessore al Bilancio Roberto Tasca che non a caso, all’inizio della crisi, aveva chiesto liquidità immediata e la sospensione del fondo di solidarietà: Milano non è più ricca, quindi non può più pagare per le inefficienze di altri comuni e di altri territori.

 

Non c’è solo questo: moltissimi per paura useranno il mezzo privato per muoversi. Come si fa con Area C? E ancora: la folla dei city users si riconcentrerà in città perché così è strutturato l’azzonamento dei luoghi di lavoro. Lo smart working non può essere una realtà assoluta e soprattutto perenne, e dalla periferia al centro, il movimento è centripeto e porta alla contrazione degli spazi. Per non parlare di ristoranti e bar. Secondo una allarmante previsione che gira tra gli esperti, il 30 per cento morirà subito. Nel senso che non si prevede una riapertura neppure quando verrà a cadere il lockdown anche per loro. Come si sfamerà questa folla di lavoratori? Non tutti possono mangiare in ufficio, e non tutti possono mangiare nei parchi, con la schiscetta dei nostri nonni. E ancora: dove stanno i figli? Le scuole rimangono chiuse. Riaprire la città ma non riaprire le scuole vuol dire – femminismo, rialzati! – costringere quote (rosa) importanti della popolazione a perdere le posizioni lavorative acquisite per curare la prole. Vuol dire aumentare le differenze di genere e anche la povertà delle famiglie, che sono obbligate ad avere i genitori entrambi al lavoro. Si noti che sono tutte questioni che vedono la regione lontana dal fuoco. Sono questioni di bilateralità tra la città e il governo. Se Palazzo Lombardia avrà ancora a che fare con la conta dei morti e con le Rsa e soprattutto con la possibile e probabile nuova impennata dei contagi, Palazzo Marino dovrà fronteggiare una città imballata e che ha bisogno di soldi. Per adesso, via Greta Thunberg, si è deciso di riconfermare la linea della transizione ambientale. Più biciclette, marciapiedi più grandi. Pare un paradosso e forse lo è: si va verso una riduzione del traffico veicolare nel momento in cui il servizio di mezzi pubblici sarà in difficoltà. E’ una scommessa azzardata. Molto. Ma non ci si scordi che è sulla gestione di questa emergenza, quella di una città che splendeva e che è finita in ginocchio, che si specchiava negli eventi che non ci sono più (per rimettere in pista il sistema delle week servirà tanta fantasia) che si giocano le prossime elezioni, nella primavera del 2021. In un tempo nel quale – forse – il Covid non ci sarà più, e il virus da combattere sarà quello dell’impoverimento e di una fase di recessione, più evidente per una città che una volta si sentiva capitale e regina d’Italia.

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