Orticola nell'edizione 2019 (foto LaPresse)

Orticola rimanda, ma in città c'è un gran bisogno di fiori e di bellezza per gli occhi

Paola Bulbarelli

La grande mostra-mercato, vera e propria gara al copricapo più bello e fantasioso, potrebbe saltare nella sua edizione 2020 con grande disdoro delle signore meneghine. Ma non è detta l’ultima parola

Se ne sono sempre visti di tutti i colori. Non solo di fiori, uno più meraviglioso dell’altro. Ma soprattutto di cappelli, l’oggetto clou di Orticola, la grande mostra-mercato di piante e fiori che si svolge ai Giardini Montanelli dal 1996 e che per l’inaugurazione conta 5.500 ospiti “estremamente selezionati”. Il giro che conta. La gara al copricapo più bello e fantasioso (interi mazzi veri sulla testa, pappagalli, cascate di edera) potrebbe saltare nella sua edizione 2020 con grande disdoro delle signore meneghine. Ma non è detta l’ultima parola. La data, il weekend 8-10 maggio, è inevitabilmente sfumata ma Orticola, potrebbe presentarsi in edizione autunnale. La speranza resiste in attesa di un via libera comunale. Anche per gli espositori, Orticola è un appuntamento imperdibile. “Partecipiamo fin dalla prima edizione, per noi è la fiera più importante”, dice Alice Cappellini, figlia d’arte, quinta generazione dei famosi Vivai Cappellini, azienda nata a Carugo a fine ’800. “Il bis bisnonno Lazzaro con il figlio Enrico hanno iniziato a coltivare i gelsi per la produzione dei bachi da seta – racconta – mentre alla fine della Prima guerra mondiale sono stati tra i primi a realizzare i giardini delle ville aristocratiche lombarde”. Il vivaio è oggi uno dei più importanti e quotati. c’è voglia anche di bellezza, spiega, sui terrazzi milanesi piacciono piante con forme libere che danno l’idea di essere in un altro posto: cocculus, asparagus, raglie, aspidistre, ortensie, mirti, mirri, canfore, salvie da fiore. Giampiero Galli, giardiniere da una vita, uno dei fondatori di Myplant & Garden, la più importante fiera professionale dell’orto-florovivaismo (21-23 settembre alla Fiera di Rho) non si è mai fermato: “Ho fatto da tutor a clienti e amici e abbiamo iniziato questa settimana ad uscire. Mai come ora i supermercati hanno venduto sacchi di terriccio, tutti si sono dati da fare in questo strano periodo. Ho visto dei risultati che mai avrei immaginato: manager, direttori, professionisti che fino a ieri  non sapevano cosa significasse piantare o potare hanno fatto ottimi lavori”.

 

La noia fa faville. Il costo vero non sono le piante ma i complementi intorno. “Sui terrazzi del centro scelgono le cosiddette piante spontanee, da campo e piace tantissimo l’idea dell’orto. E qui si apre un altro mondo: è senz’altro a chilometro zero ma non pensiamo di mangiare un prodotto biologico”.  Anche Francesco Ingegnoli, sesta generazione, proprietario del vivaio milanese nato nel 1817, ai tempi di Napoleone, non è mai rimasto con le mani in mano. “Dal 1880 abbiamo iniziato a distribuire i nostri cataloghi in tutta Italia, già in centomila copie. Le vendite per corrispondenza, quindi online, sono notevolmente aumentate, tre volte tanto rispetto all’anno scorso. Abbiamo potuto spedire e questo ha mitigato la perdita del garden chiuso. La clientela milanese ci conosce da tanto tempo”. Terrazze? “Ce ne sono da 300-400 metri quadri e sono parecchie a Milano: non si vedono dal basso ma dall’alto, altroché… Portiamo piante anche di tre metri tenendo conto del peso e del vento, calibrare le cose è fondamentale. Tenendo ben presente  che le piante crescono. Ed è un peccato, poi, doverle togliere”. Non sono terrazzi per tutti, ma per tutti è la voglia di respirare colori.