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Negozi e grande distribuzione, cambierà tutto. Online di vicinato e altro

Daniele Bonecchi

“I dati di marzo confermano il crollo dei consumi e del fatturato delle imprese”. Così l’epidemia cambierà la geografia del commercio

Mentre l’Italia si divide sull’apertura delle cartolibrerie, si alza il grido di dolore dei commercianti. “I dati di marzo confermano il crollo dei consumi e del fatturato delle imprese”, elenca con rammarico Carluccio Sangalli, patron del settore. “Serve liquidità immediata senza burocrazia, integrando le garanzie dello stato con indennizzi e contributi a fondo perduto”. “Va pianificata attentamente la riapertura delle attività preparando i livelli sanitari, tecnologici e organizzativi per ripartire in assoluta sicurezza”.

 

A marzo il commercio ha segnato -31,7 per cento, il turismo -95 per cento di stranieri, le auto - 82, l’abbigliamento, ovviamente, -100 per cento (salvo il settore web), bar e ristoranti - 68 per cento. Si salvi chi può. Ma la Lombardia guarda al futuro. Perché se nulla sarà più come prima e non è detto che debba essere peggio. “In questo periodo la crescita dell’e-commerce è stata molto ma molto maggiore, basti pensare che in precedenza (prima del Covid-19, ndr) si era attestato tra il 20 e il 25 per cento ma nelle ultime cinque settimane è cresciuto tra l’80 e il 110 per cento”, spiega Sandro Castaldo, professore ordinario del dipartimento di Marketing della Bocconi, dal 2019 presidente della Società italiana di management. “C’è stata una netta accelerazione rispetto ad un gap che esisteva, anche se l’e-commerce a livello nazionale – nel largo consumo – non arrivava all’1 per cento e il 99 per cento erano acquisti al supermercato o nei negozi di vicinato. A livello internazionale questa percentuale è molto più alta, negli Usa siamo a valori vicini al 20 per cento. C’è stata un’accelerazione che ci ha permesso di colmare il gap. Fenomeni destinati a consolidarsi”, precisa il professore.

 

E questo è un primo dato positivo, anche se tutto il mondo del commercio no food è paralizzato dall’inizio della quarantena. “La situazione è davvero difficile – spiega Giovanna Mavellia, segretaria generale di Confcommercio Lombardia – stiamo discutendo con la Regione gli interventi a sostegno delle imprese, che hanno continuato a subire i costi di gestione senza incassare né fatturare. Ora, subito, serve una iniezione di danaro, per pagare i fornitori, gli affitti, altrimenti il rischio è che molte aziende non siano più in grado di ripartire”.

 

Ma ci sono settori ovviamente che hanno tratto vantaggio dall’arrivo della pandemia. “Il commercio nella Grande distribuzione organizzata, oggi cresce del 12 per cento, con difficoltà a reperire trasportatori per le consegne a domicilio – spiega Castaldo – alcuni però hanno qualche timore in più e i livelli di produttività non sono gli stessi. La struttura logistica, fino a ieri, era sottoutilizzata, oggi dunque potrebbe rispondere alle nuove sollecitazioni. Va detto però che il cuore della logistica che serve la Lombardia è proprio nel triangolo rosso dove il contagio si è esteso: Piacenza, Lodi, Bergamo”. La quarantena spinge i consumatori verso la spesa online. “Effettivamente mettere assieme il commercio di vicinato con le potenzialità della rete digitale è la carta vincente. Un mix di servizi tra l’online e l’offline, che può essere sviluppato grazie ad un vicinato moderno. Potrebbe interessare anche i beni durevoli, i più esposti alla crisi”, chiarisce il professor Castaldo. Il commercio è un settore chiave, “il 75 per cento del pil italiano è rappresentato da distribuzione e servizi. Ci sono intere filiere, dall’arredamento al fashion, che oggi sono completamente ferme, ora occorre aiutarle, perché se alla ripresa i dettaglianti non ce la faranno, le aziende della filiera a monte avranno gravi problemi. Col risultato che le grandi catene potrebbero essere acquistate da qualche fondo o impresa internazionale, che certo non privilegerebbe le nostre produzioni. Occorre riflettere su questo settore, oggi rappresenta il vero problema”.

 

L’epidemia è destinata a cambiare la geografia del commercio, con la possibilità concreta di avvicinarlo ai bisogni dei consumatori, recuperando anche il patrimonio delle botteghe di vicinato (quelle che resistono), a patto che accettino le sfide. “Anche nella grande distribuzione stanno crescendo i formati di prossimità, utili anche per la consegna a domicilio. Covid-19 potrebbe anche accelerare la crisi dei grandi centri commerciali. Perché se andranno in crisi i negozi di retail di beni non alimentari, da soli gli ipermercati non ce la faranno. Bisognerà ripensare totalmente questi spazi, il dopo sarà da scrivere, rimettendo in discussione l’assetto di intere aree commerciali oggi in fase di sviluppo. Ripensare al concetto di punto vendita, con più servizi, dove la spesa di generi alimentari potrà diventare accessoria”, conclude Castaldo.