La società bresciana A2A va a caccia delle fonti di calore presenti sul territorio e, tramite l’infrastruttura, le convoglia verso l’impianto di distribuzione. Ma anche nel capoluogo l'estensione del teleriscaldamento procede velocemente
Proviamo a mettere da parte le tifoserie. Per battere l’inquinamento che soffoca la val Padana, oltre alle limitazioni al traffico privato (che però non può reggere, nemmeno a livello economico, senza miglioramenti nei trasporti regionali e senza un pesante investimento nella riconversione della mobilità cargo all’elettrico, come GranMilano ha raccontato più di una volta), è necessario attaccare uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico: il riscaldamento domestico. A Brescia – città di quasi 200 mila abitanti – ce l’hanno fatta e la risposta, targata A2A, si chiama teleriscaldamento: una modalità che garantisce una riduzione dell’impatto ambientale, prezzi competitivi, minor dipendenza dalle fonti fossili. È proprio a Brescia che il sistema è nato nel 1972 (un plauso alla capacità di pensare lungo e in modo strategico) e oggi ha raggiunto una diffusione del servizio paragonabile ai paesi scandinavi. Una copertura del 70% della città, con 21 mila edifici collegati, 670 chilometri di rete sul campo, 130 mila abitanti serviti, il massimo oggi possibile. Ma invece può migliorare ancora la diversificazione nella produzione del calore.
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