Giovane e premiato: ma è un manager pubblico. Idee da un buon lavoro

Fabio Massa

Alessandro Russo ha vinto un premio di Confindustria con la "sua" Cap Holding, giudicata la migliore impresa in Lombardia guidata da un under 40 e unica impresa pubblica in Italia ad essere selezionata

I posti di responsabilità nelle aziende pubbliche spesso in Italia vengono viste come un riconoscimento dopo un lungo percorso. Invece bisogna avere l’energia di cambiare e di guidarle in modo nuovo”. Parole tranquille come l’acqua che gestisce, in tutta la Provincia di Milano e non solo, quelle di Alessandro Russo. Professione manager pubblico, che ha vinto un premio di Confindustria con la “sua” Cap Holding, giudicata la migliore impresa in Lombardia guidata da un under 40. Cap Holding, inoltre, è l’unica impresa pubblica in Italia ad essere selezionata. Per l’efficienza, ovviamente. Ma anche perché di imprese pubbliche con manager giovani ce ne sono davvero poche. “Come si diventa manager pubblici? Allo stesso modo dei manager privati. Bisogna avere competenze e riuscire a costruire rapporti di fiducia con i soci. Nel caso dei manager pubblici questo vuol dire avere rapporti di fiducia con sindaci ed enti. Non è una cosa semplice”. E nel privato magari si guadagna di più. Perché stare invece nel pubblico? “Non c’è un ‘invece’.  Si può essere prima uno e poi l’altro. Di fatto stare nel settore delle partecipate permette di restituire in modo più diretto al territorio e alla città quello che uno fa. Il nome dice tutto: azienda pubblica vuol dire interesse collettivo. Trovo che sia affascinante. Poi c’è un lavoro ampio, dietro la guida di una partecipata”. Uno dei problemi è fronteggiare la burocrazia? Oppure siete voi, la burocrazia? “No, no. Anche noi combattiamo. Abbiamo ovviamente come i privati delle regole. Per quanto riguarda i rapporti con il territorio ci scontriamo con la burocrazia esattamente come tutti gli altri”. Forse per questo generalmente i manager pubblici sono più maturi. “Io sono un manager pubblico da sei anni. E che sia una eccezione lo dicono i numeri e la mia esperienza: se penso a quelli con cui mi relaziono non mi viene in mente nessuno della mia età – riflette Russo – La verità è che purtroppo le aziende pubbliche vengono a volte vissute come un riconoscimento a fine percorso. Una sorta di premio alla carriera di chi ha tanto dato. Invece ci sono momenti in cui c’è bisogno di una figura che attui il cambio di passo”.

 

Anche perché le aziende pubbliche oggi sono molto più evolute e complicate di un tempo. Non sono più una sorta di distaccamento degli uffici comunali o regionali – e le partecipate della Lombardia ne sono una buona dimostrazione – ma anzi molto spesso hanno potenzialità pari o superiori a quelle della stessa amministrazione dalla quale dipendono. “Il sindaco Beppe Sala questo l’ha capito, ed è il motivo per cui spinge tantissimo sulle partecipate”. Una delle idee “giovani” di Cap Holding – che si occupa del servizio idrico al di fuori del territorio del Comune di Milano – è quella alla base del rilancio dell’Idroscalo, un patrimonio mai sfruttato del tutto del territorio. “Abbiamo pensato che dovevamo dimostrare che un’azienda pubblica può anche non fare solo gestione. Quindi abbiamo creato: abbiamo portato all’interno dell’Idroscalo il nostro centro ricerca, dove facciamo tutte le analisi sull’acqua pubblica. Abbiamo rapporti con tutte le università di Milano e d’Italia, abbiamo creato un polo di incubazione per startup, una eccellenza. Questo è stato magnifico, e grazie al nostro intervento l’Idroscalo sta vivendo una nuova stagione di interesse”. L’investimento per Cap è stato di un milione e 800 mila euro. “Le alghe che creavano grossi problemi ora le trasformiamo in biomasse e produciamo energia. Dall’anno scorso c’è un cda di Idroscalo presieduto da Paolo Taveggia, che è l’ex ds del Milan, che si occuperà di definire le strategie future insieme alla Città Metropolitana”. Uno dei pallini di Russo è la sostenibilità. E – incredibile – sta riuscendo a far costruire un termovalorizzatore, anche con il voto favorevole di alcuni esponenti del Movimento cinque stelle di Sesto San Giovanni. “Un piccolo miracolo? No, abbiamo solo lavorato tantissimo sulla partecipazione. Abbiamo applicato su base volontaria la legge sul dibattito pubblico. Abbiamo coinvolto i comitati, abbiamo migliorato il progetto laddove ci è stato richiesto. La politica ha riconosciuto questo lavoro. Nel termovalorizzatore si bruceranno fanghi che fino ad adesso si buttavano sui campi, e in più gestiremo la valorizzazione della frazione organica, anche in questo caso per fare energia, per circa 300 mila abitanti”. Ultima ma non ultima impresa di questo “young manager” è la nuova sede: “Investimento da 15 milioni. Sorgerà in via Rimini, vicino alla M2 di Romolo. L’abbiamo chiamata l’Arca, perché abbiamo pensato non solo a un luogo ecosostenibile, ma anche bello ed evocativo: un punto per dare visibilità al tema della risorsa acqua nella città metropolitana”.

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