L'imprenditore Manfredi Catella (foto LaPresse)

A nord-est di Gae Aulenti. Così avanza la green line di Catella

Mariarosaria Marchesano

Per l’assessore Maran la riqualificazione di Melchiorre Gioia è solo l’inizio di una nuova direttrice di sviluppo

Solo cinque anni fa la procedura d’asta per la vendita del Pirellino, con una base di partenza di 60 milioni, è andata deserta. Poi lo abbiamo ceduto lo scorso anno per 194 milioni dopo oltre 80 rialzi e questo perché Milano negli ultimi anni è cambiata nella percezione degli investitori nazionali e internazionali che oggi fanno a gara per venire in una città diventata laboratorio di sviluppo urbano a livello mondiale”.

 

Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, ripensa a com’è nato il progetto che porterà alla riqualificazione dell’area di Melchiorre-Gioia, basata sull’idea dell’amministrazione di “ricongiungere” pezzi della città che non dialogano tra loro e sull’intuizione dell’imprenditore Manfredi Catella, fondatore e amministratore delegato del gruppo Coima, di creare una green line, un tappeto verde di 9,5 chilometri, che partendo da Porta Nuova, passa per la stazione centrale e Melchiorre Gioia per arrivare idealmente fino allo Scalo Farini e poi alle aree di Expo e all’Innovation District. E si dice convinto che è solo l’inizio di una nuova grande fase di sviluppo dell’area milanese, che in questi ultimi 10 anni ha visto aumentare il numero di abitanti di 100 mila unità, con una forte componente giovanile in cerca di abitazioni per motivi di lavoro o di studio. “Coima ha vinto una competizione molto agguerrita per il Pirellino, ma non è detto che in prospettiva sarà l’unico operatore a occuparsi degli interventi urbani su questa direttrice portando a un sistema diffuso di investimenti che dovranno tenere conto anche delle nuove esigenze abitative”, prosegue Maran, che conferma che è già stato approvato il masterplan per lo scalo Farini – dove il principale proprietario sono le Ferrovie dello Stato e la stessa Coima possiede il 10 per cento. “Se i progetti di Porta Nuova e Citylife sono stati improntati più a una logica di mercato, i prossimi dovranno rispettare una quota di edilizia convenzionata, a cominciare dallo scalo Farini, oppure incorporare quote di housing sociale e di residenze universitarie come accadrà per lo scalo di Porta Romana”, prosegue l’assessore, che ammette che l’amministrazione comunale sta riflettendo su come far fronte all’incremento di popolazione creando le condizioni per un’integrazione anche tra classi sociali, che non sarà facile se Milano si trasforma in una città per ricchi con costi al metro quadro sempre più elevati. “Spenderemo metà delle risorse incassate dalla vendita del Pirellino per la riqualificazione delle periferie – prosegue – bisogna creare una nuova offerta di case, visto che gli stipendi con cui si viene assunti oggi sono di 1500 euro al mese e non si può chiedere una persona di pagare altrettanto d’affitto”.

 

Intanto, dopo Porta Nuova, Catella ha convinto il Comune a dargli ancora fiducia con la sua visione in chiave di sostenibilità ambientale che trae ispirazione dalla New York Highline e la dice lunga sullo spirito di tempi in cui quando si parla di progetti immobiliari si punta e mettere in evidenza soprattutto le potenzialità di riuso e di integrazione con il tessuto urbano già esistente. In questo senso l’imprenditore milanese – che ha fatto del Pirellino la punta di diamante di un piano di intervento che per ora è circoscritto al recupero di cinque-sei grandi edifici che si trovano tra Centrale e Melchiorre Gioia, con una previsione d’investimento di 1 miliardo di euro – spera di replicare l’esperienza della riqualificazione della zona Garibaldi-Isola che ha trovato nel punto di congiunzione con Corso Como la chiave del successo. L’operazione ha dimostrato, infatti, che non è impossibile creare una connessione architettonica tra i grattacieli supermoderni di Gae Aulenti, che assomigliano a quelli di Canary Wharf e di Dubai, e le caratteristiche strade del centro storico milanese. Ma come si farà a ricreare la stessa suggestione dal lato di Melchiorre Gioia, dove ponti, incroci e cavalcavia con traffico intenso la fanno da padrone e di storico o caratteristico c’è molto poco? Agli studi di architettura di livello internazionale che stanno partecipando ai bandi di gara sull’area è affidato il compito, fanno sapere da Coima, di trovare “il bandolo della matassa”, e cioè un’area o un edificio iconico milanese che faccia da “centro di gravità” per i nuovi interventi. Il Pirellone, simbolo del boom economico della Milano del dopo guerra e oggi sede della Regione, potrebbe svolgere questa funzione di raccordo insieme con la “Biblioteca degli alberi”, che già rappresenta l’infrastruttura verde dell’area e sta per allargarsi. Ma si vedrà. Intanto, l’unico edificio del piano di Coima che sarà terminato entro quest'anno è “Gioia 22”, il palazzo direzionale a impatto climatico “zero” che la società sta sviluppando con il fondo sovrano di Abu Dhabi e progettato da Pelli Clarke Pelli Architects, lo studio che ha creato il planivolumetrico di Porta Nuova e la sede di Unicredit. Per gli altri palazzi, Gioia 20, acquistato dal Comune di Milano nel 2017 insieme con i terreni circostanti per 79 milioni di euro, e la ex torre Telecom, rilevato da un fondo tedesco per 130 milioni, bisognerà attendere la fine delle gare internazionali per affidare i progetti.

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