La parola “ricominciare” non le piace affatto. “Semplicemente perché non sono mai morta”, dice al Foglio Giulia Ligresti, un nome una storia, imprenditrice milanese laureata in Economia aziendale alla Bocconi e numerosi ruoli dirigenziali ricoperti, e soprattutto componente di una famiglia che ha contribuito a far grande Milano e a disegnarne il nuovo skyline. Famiglia di cui tanti, ancora oggi, si ostinano a chiedere una damnatio memoriae fuori tempo e luogo. Ma si può non essere “mai morta”, appunto. Ci sono stati tempi bui, difficilissimi da dimenticare, dai quali è uscita con un’assoluzione definitiva dalle accuse di falso in bilancio e aggiotaggio nel caso Fonsai, annullando il patteggiamento e 62 giorni di carcere. Innocente dopo sei anni da colpevole. Ma non ha mai smesso di credere nella giustizia e nella verità che, alla fine, è emersa. E parte con uno dei tanti interessi che le hanno sempre riempito la vita: oggetti di design. Da lì una mostra personale, la prima, della nuova collezione dal titolo emblematico “Love”, un inno all’amore battuto nel ferro ospitata da Glauco Cavaciuti, fondatore dell’omonima Galleria nel cuore di Milano. “Love è dirompente, è una necessità. È il mio modo di cristallizzare in oggetti senza tempo l’amore che mi ha travolta e ispirata negli anni, consentendomi di affrontare le sfide più importanti”. Un sentimento che si è trasformato in sedute, consolle, divanetti, tavoli e sculture, realizzati in ferro, alluminio, ottone e bronzo, elementi della terra e preziosi velluti. Ogni pezzo è unico e inimitabile e rappresenta l’eccellenza del made In Italy.
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