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Dopo Ema: portare a Milano il Tribunale dei brevetti sarebbe un bel colpo

Daniele Bonecchi

Perché una sede istituzionale nel nostro paese sarebbe importante, come fattore di stimolo e per una maggior immediatezza di rapporti

La strada è in salita. Dopo il pasticcio sull’assegnazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) ad Amsterdam, per sorteggio ma con un gioco di squadra italiano, versante Roma soprattutto, davvero poco efficace, ora, con la Brexit ormai cosa fatta, Milano e la Lombardia ci riprovano. Perché il Tribunale unificato dei brevetti, diviso in tre sedi, potrebbe approdare nel capoluogo lombardo. E le imprese, dirette interessate, ci credono. Davide Zanesi, che col fratello Michele ha creato Exteryo, una start up particolarmente prolifica in quanto a brevetti, ha le idee chiare: “Avere in casa uno strumento – il Tribunale dei brevetti, ndr – che ovviamente essendo sovranazionale non dà ‘aiutini’ ma indubbiamente uno stimolo a competere, a puntare sulle migliori soluzioni, sarebbe un grandissimo passo avanti. Per l’Italia e per il nostro ruolo a livello europeo”. Una sede istituzionale nel nostro paese sarebbe importante, come fattore di stimolo e come maggior immediatezza di rapporti. “Noi siamo una start up, con mezzi finanziari ancora molto limitati. Il problema è – al di là dei costi brevettuali che hanno un impatto importantissimo sul bilancio dell’azienda – la reale difendibilità (del brevetto, ndr). Gestire centinaia di migliaia di euro quando poi ti trovi una multinazionale che ti porta in una causa ventennale col risultato facilmente immaginabile, certo non aiuta”. Exteryo  ha testato l’applicazione della tecnologia NFC per la realizzazione di soluzioni innovative legate alla digitalizzazione dei tessuti. Tre brevetti internazionali, tre software proprietari e  l’attitudine alla open innovation. “Perché abbiamo scelto di entrare nel mercato dei brevetti? Abbiamo avuto la fortuna, dopo aver sviluppato la nostra ricerca in un ambito poco esplorato, di trovare molto spazio da brevettare”. Tornando al Tribunale dei Brevetti, conclude Zanesi, “la difendibilità dei nostri brevetti è uno dei problemi più grandi per noi. Anche perché le aziende che soffrono di più sono le più piccole e le start up, esposte allo strapotere dei grandi gruppi”.

 

“Il tema  della proprietà industriale ha una grande importanza strategica per la crescita delle nostre imprese”, spiega Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi. “Un recente studio, condotto dall’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) ha evidenziato l’impatto economico di questi titoli. Le aziende europee che depositano o sono titolari di almeno uno di questi asset (brevetti, marchi, disegni) hanno il 21 per cento in più delle possibilità di aumentare il fatturato rispetto alle altre imprese. Lo stesso studio sottolinea che in Italia un posto di lavoro su tre si trova nelle aziende che fanno un uso intensivo di marchi e brevetti. E queste aziende contribuiscono da sole al 46,9 per cento del nostro pil. Va rilevato che per numero di depositi di marchi e di disegni in Unione europea siamo secondi solo alla Germania e quarti nel mondo. Mentre per i brevetti siamo al decimo posto a livello internazionale e abbiamo perciò ampi margini di miglioramento”. Milano sarebbe dunque una capitale naturale per il Tribunale. Sangalli rivolge una sollecitazione al governo: “L’Italia deve riuscire ad aggiudicarsi, dopo la Brexit, il trasferimento proprio qui a Milano della sezione del Tribunale unificato dei brevetti. Perchè la nostra città sarebbe la sede più adeguata.  Solo l’anno scorso qui sono state depositate quasi tremila domande di brevetto, e 12 mila di marchi”, conclude Sangalli. Anche se sarà una corsa ad ostacoli, tutto  dipende dall’accordo per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e, prima ancora, della firma della Germania sull’accordo che istituisce il Tribunale stesso. Occorre fare chiarezza: il Tribunale dei brevetti non è un’istituzione europea, ma è frutto di un accordo multilaterale fra paesi aderenti. Nessun automatismo, e le strade possono essere molte: la prima è non assegnare la sede prevista oggi a Londra per concentrare le funzioni tra Parigi, Monaco e la Corte d’appello in Lussemburgo. La seconda è modificare i termini dell’accordo intergovernativo, guadagnando la possibilità di portare in Italia, a Milano, una delle sedi del Tribunale. Ed è questa la strada più accidentata che il governo italiano dovrebbe intraprendere. I vantaggi per Milano e la Lombardia sarebbero molti, a partire da un indotto stimato di circa 350 milioni di euro annui . “Che il Tribunale dei brevetti sia fondamentale è fuori discussione, così come che Milano sia la sede più adatta per la sede relativa a quelli farmaceutici e chimici”, spiega Fabrizio Sala, vice di Attilio Fontana con una delega alla  Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione. “La Lombardia è la prima regione in Europa per numero di aziende chimiche e solo nel 2018 sono stati registrati qui 20 mila brevetti, circa il 39 per cento del totale nazionale”.

 

Non è però così scontato che in seguito alla Brexit la sede in questione venga riassegnata. “Serve quindi che il governo italiano si muova subito con gli altri stati coinvolti per valutare la possibilità di rivedere i termini dell’Accordo, candidando Milano. Si tratta di un’occasione che porterebbe l’Italia in una posizione di preminenza a livello europeo e, dal punto di vista economico, si prevede un indotto significativo in volume d’affari per l’intero paese”, conclude Sala.