(foto LaPresse)

Perché coi droni in medio oriente vola anche la nuova corsa all'oro

Mariarosaria Marchesano

Il caso di Confinvest, la società milanese che da 40 anni fa affari con lingotti e monete durante le crisi. Banche e famiglie

In questi giorni l’oro sale soprattutto di notte, quando la Borsa di Shanghai e i listini asiatici ne fanno incetta spaventati dai venti di guerra che soffiano sul medioriente. Poi, con la luce del mattino, il prezzo scende, ma solo un po'. Le quotazioni hanno raggiunto livelli mai visti in euro (oltre 1.400 per oncia), mentre in dollari sono le più alte dal 2013 (poco meno di 1.600 per oncia), ma siamo solo all’inizio della corsa perché i grandi investitori non sono gli unici a dare la caccia al metallo giallo. Anche le famiglie stanno acquistando oro per proteggere i risparmi e lo vendono per comprare case ai figli o per integrare la pensione.

 

Giacomo Andreoli è l’amministratore delegato della Confinvest, storica società milanese – con gli uffici che affacciano su Piazza Affari proprio di fronte al palazzo della Borsa – che da quando è stata fondata da Roberto Binetti e Gabriella Villa, all’inizio degli anni Ottanta, ne ha viste molte, di crisi finanziarie e geopolitiche. E sa che sempre in questi frangenti l’oro è stato il bene rifugio per eccellenza. E’ già successo con le due guerre del Golfo, con l’11 settembre e dopo il crack di Lehman Brothers. “Questa volta, però, è diverso – puntualizza Andreoli – Lei sa, tanto per fare un esempio, quanto vale oggi una sterlina d’oro, il classico regalo della nonna e degli zii per la prima Comunione? 340 euro, valeva 260 euro solo a novembre del 2017. Lo scorso anno il prezzo dell’oro è salito del 22 per cento in euro e del 18 per cento in dollari. E le quotazioni hanno cominciato a schizzare a partire dal 23 dicembre, praticamente l’antivigilia di Natale, quando le tensioni tra Stati Uniti e Iran hanno cominciato a degenerare. Nessuno, però, poteva immaginare che ci sarebbe stato un raid areo americano e la conseguente reazione dell’Iran, eventi che hanno portato il metallo prezioso su livelli considerati massimi storici, ma che, a mio parere, saranno superati. Non è esagerato dire che il prezzo dell’oro potrebbe triplicare nel medio-lungo periodo”. Giocare in difesa contro gli shock è la lezione che chi gestisce risparmi e investimenti conosce a memoria, ma pochi hanno una conoscenza approfondita di una commodity come l’oro, in grado di fare da sentinella ai risparmi. Sono quasi quarant’anni che la Confinvest commercializza in lingotti e monete seguendo l’onda delle tensioni internazionali e dell’evoluzione dei cambi e del sistema aureo. E l’esperienza di questa società è oggi utile sia per comprendere meglio quello che sta succedendo sui mercati mondiali sia per intuire come in futuro potrebbe muoversi il risparmio degli italiani in un contesto di crescente incertezza.

 

Quella di Confinvest è una storia nella storia. Nel 2017 un gruppo di investitori – tutti provenienti dal mondo della finanza, delle assicurazioni e del private equity, come Luciano Avanzini, Franco Bugané e lo stesso Andreoli (ma sono una quindicina in tutto), è entrato nel capitale della società milanese con un progetto innovativo che ne ha favorito il salto nell’èra digitale e avviato il percorso di quotazione in Borsa. Dallo scorso agosto, Confinvest è sbarcata sull’Aim, il listino delle piccole aziende con elevato potenziale di crescita, mettendo a segno una performance che ricorda quelle delle dotcom dell’inizio degli anni Duemila: il prezzo del titolo è cresciuto, infatti, del 200 per cento fino ad oggi con una forte impennata nelle ultime settimane, segno che gli investitori stanno dando ampio credito al business di una società che è l’unica quotata in Europa a comprare e vendere oro.

 

Ma quello della Confinvest è un mestiere che non si improvvisa, fatto di esperienza e di fiducia accordata dalle principali banche italiane e dagli intermediari con cui da sempre lavora, perciò il suo fondatore, Roberto Binetti, classe 1940, è rimasto presidente del consiglio di amministrazione, oltre che socio con una quota di minoranza (come la co-fondatrice Gabriella Villa) lasciando che il modello di business evolvesse al passo coi tempi e le nuove tecnologie. Negli anni in cui è stata fondata la Confinvest, la lira era soggetta alle famose svalutazioni competitive, e chi voleva mantenere potere d’acquisto della liquidità doveva comprare oro “fisico” perché era l’unico modo per preservare il potere d’acquisto e azzerare i rischi. Da allora sono cambiate molte cose, compreso il rafforzamento del dollaro come sistema valutario di riferimento e la nascita dell’euro. “C’è stata una fase in cui l’oro aveva perso di peso. Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, era arrivato a definirlo una ‘reliquia barbarica’. Poi sono arrivate le politiche monetarie espansive delle banche centrali per contrastare la crisi finanziaria del 2008 e l’oro ha cominciato a recuperare terreno. Oggi che sullo scacchiere mondiale pesano diversi rischi geopolitici, assistiamo al paradosso che le banche centrali sono in prima fila nella corsa all’oro. Quelle di Russia e Cina hanno ne hanno comprato a mani basse dopo essersi alleggerite dei treasury americani. Il possesso fisico del metallo prezioso, non, quindi, di titoli finanziari come i futures o etf, è percepito come fattore di protezione del capitale anche perché è un asset altamente liquido, cioè lo si può vendere in tempo reale sul mercato in caso di bisogno. E allora mi domando: se le banche centrali acquistano sempre più oro perché non dovrebbero farlo anche i piccoli investitori, le famiglie? Su questo principio abbiamo ampliato i servizi per il pubblico retail. Le nuove tecnologie ci consentiranno quest’anno di lanciare un’applicazione particolarmente innovativa che consente, direttamente dal cellulare, di aprire un conto-lingotto anche con poche decine di euro. Secondo i principi di una corretta gestione dei risparmi, l’investimento in oro non può essere inferiore al 10-20 per cento del capitale”, conclude Andreoli.

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