Progetti che non lo erano

Michele Masneri

Dagli armadi autoigienizzanti ai cappelli distanziatori: forse le decine di mirabolanti invenzioni del design legato al Covid spuntate negli ultimi tempi sono una boiata pazzesca

Un po’ ce n’eravamo accorti in tanti. Da armadi autoigienizzanti a serre personali per cenare al ristorante, a ganci per pigiare i tasti dei bancomat senza contatto fisico, a cappelli a tesa larga socialmente distanzianti: forse le decine di mirabolanti invenzioni del design legato al Covid spuntate negli ultimi tempi sono una boiata pazzesca. Lo sostiene ora la critica di architettura Kate Wagner, che si è rivolta ad architetti e designer descrivendo alcune delle proposte come bullshit, stronzate. Sul suo blog McMansionHell, Wagner ha etichettato i progetti speculativi che rispondono alla pandemia come “coronagrifting”, qualcosa come corona-sòla. “Una manciata di queste storie dimostra utili soluzioni ai problemi legati a Covid”, ha scritto Wagner, che scrive anche su New Republic e Curbed. Tuttavia, la maggior parte di questi progetti sta “sfruttando una crisi del genere per l’autopromozione spudorata e la generazione di clic e entrate, fornendo allo stesso tempo benefici materiali minimi o nulli per coloro che sono a rischio e in prima linea”. Secondo Wagner, tanti designer oggi approfittano della situazione scopiazzando idee del passato, in particolare quelle degli architetti radicali (lo si era timidamente affermato anche in questa pagina: soprattutto i divisori di plexiglas per spiagge e affini sembravano usciti dalla matita di Superstudio). Era, quella, una architettura “di carta”, di opere illusionistiche e impossibili, che aveva come obiettivo quello di stupire, porre una riflessione, divertire. Ma a un certo punto tutto è finito, e con l’egemonia estetica vigente partita negli anni Ottanta fino a oggi il mondo del design si è spostato dall’utopia verso il contenuto di Internet e dei social media “rapidamente prodotto e facilmente digeribile”.

 

Così oggi col Covid, internet e i social sono inzeppati di testi e modelli sfornati dai dipartimenti di pubbliche relazioni delle aziende, non certo per proporre soluzioni divertenti e utopiche, ma facilitando il passaggio dall’immaginario-architettura-carta a quello che Wagner chiama “pr architecture”, contenuti di architettura e design inventati da zero per ben apparire sui feed di Instagram. E’ solo all’interno di questo panorama mediatico vuoto e criticamente decaduto che il “Coronagrifting” può prosperare. Ogni artista, architetto, designer o pr di aziende solo tangenzialmente legate al design si è reso conto che, con il piccolo investimento di un mockup di Photoshop e di qualche copy furbetto, può finire su homepage di questi siti “che vantano un ampio seguito di social media e un’aria di legittimità sul campo”, scrive Wagner. E se alcune trovate rimangono trovate, che possono divertire, come i sombrero pro-distanziamento di Burger King, altre finzioni possono essere meno divertenti. “C’è qualcosa di veramente agghiacciante” in particolare, “in uno studio di architettura che, al fine di trarre profitto dall’attenzione catturata da una pandemia globale, mette mano al computer, apre Photoshop e fabbrica dei bozzetti in cui mostra portantini che in abiti ignifughi trasportano un paziente morente in una specie di cantiere incompiuto dell’aeroporto come una soluzione reale e tangibile al problema degli ospedali sovraffollati; con l’unico scopo che forse qualche committente con un sacco di soldi un giorno gli affiderà qualche commessa sanitaria”. Il riferimento è a uno dei tanti modelli che circolano online. Nel frattempo, scrive Wagner, studi di architettura seri sono in crisi perché le commesse sono bloccate. Quindi, per favore, smettiamo di considerare queste trovatine come interessanti, e concentriamoci su come l’architettura e il design possono fare qualcosa, di reale.

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