(foto d'archivio LaPresse)

I rifiuti della pandemia

Michele Masneri

Non servono sensori avveniristici per sapere che l’immondizia dice molto di una città, e già alla riapertura, si può provare a fare un bilancio di questi mesi

Si è molto parlato e analizzato, durante il lockdown, di tecnologie avanzatissime che dai rifiuti e dagli scarichi delle metropoli saranno un giorno in grado di individuare malanni, virus, pandemie. Ma non servono sensori avveniristici per sapere che l’immondizia dice molto di una città, e già alla riapertura, si può provare a fare un bilancio di questi mesi. In un lungo articolo il New York Times riporta dati contrastanti. “I newyorkesi hanno bevuto di più, aperto più lattine di salsa di pomodoro e usato più contenitori di plastica. Sembrano anche aver ordinato più consegne in scatola”, scrive il quotidiano, e questo era abbastanza prevedibile. E però la spazzatura totale è diminuita; segno, dice il Nyt, che chi ha potuto se n’è andato in campagna o al mare (si capisce dai quartieri più ricchi: meno 22 per cento a Manhattan, addirittura meno 35 per cento al Village). Mentre gli aumenti maggiori si sono registrati nel Bronx (più 5,6 per cento). In generale il vetro è il materiale che è andato per la maggiore, nello specifico contenitori per vino, vodka e whisky. A scendere invece è la differenziata: l’organico è crollato del 25 per cento, segno che forse si sono mangiati pure gli avanzi, oppure che ci si è stufati di suddividere la rumenta (controintuitivo anche qui, perché durante i giorni più duri del lockdown chi scrive sperimentava una gran soddisfazione, e una gran pace interiore, nello scendere a riempire il saccone giusto, azzeccare la giornata di ritiro, adattarsi a questi ritmi).

 

E in Italia? A Bologna si registra un calo generale dei rifiuti prodotti, e invece un aumento della differenziata. “E’ vero che le famiglie hanno prodotto più rifiuti perché sono rimaste in casa, ma d’altro canto avevamo tante attività commerciali chiuse che non ne hanno fatti”, ha detto Enrico Cuomo, responsabile del distretto Bologna di Hera. Dunque meno 6 per cento dell’immondizia in generale e differenziata che sale dal 54,4 al 56,2 per cento. “Il comportamento dei cittadini è stato perfetto”, dicono dunque a Bologna. A Milano non si sa. A Roma, invece, più che sui dati si punta su immagini molto evocative che confermano un certo genius loci. Una nota della municipalizzata Ama segnala che “è stata ritrovata una grande tavola di legno abbandonata in viale Ciamarra (Municipio VII) da un ‘lurido’, appellativo con il quale si è autodefinito l’autore di tale gesto, una vasca da bagno lasciata accanto a una postazione di cassonetti nel cuore di Roma, precisamente in via Cavour nel I municipio”.

 

Un’altra nota dell’azienda comunale annuncia che “dopo l’incubatrice trovata e rimossa in via Giambattista Gaulli in zona Vigna Murata (Municipio VIII), un nuovo e pericoloso oggetto ingombrante, in questo caso un’affettatrice professionale per salumi, deturpava il suolo pubblico davanti a una postazione di cassonetti stradali, in perfette condizioni di decoro, in via Baldo degli Ubaldi (Municipio XIII)”. I ritrovamenti felliniani vengono elencati uno per uno in uno straniante climax anche nautico: “Lo scheletro di un vecchio natante in via Carlo Tranfo (IV Municipio) e una pagaia in via Usai (VI Municipio). Si avvicina l’estate e, in territori peraltro molto lontani dal lido capitolino, anche vecchie attrezzature marine vanno ad accrescere la lunga lista di oggetti abbandonati indiscriminatamente e scorrettamente sul suolo pubblico, in sfregio al decoro urbano. Insolito e curioso anche il divanetto sofà di semi antiquariato gettato in via Principe Eugenio (I Municipio), insieme agli immancabili scarti edili sempre in via Usai, al frigorifero in via Tuscolana (VII Municipio) e ai materassi imballati invia dei Robilant – ponte Milvio (XV Municipio). L’ennesima testimonianza delle illecite abitudini da parte di incivili e svuota-cantine senza scrupolo che deturpano gli angoli della Capitale”. Seguono dichiarazioni sdegnate dell’amministratore unico di Ama, dal nome altresì letterario, Stefano Zaghis.

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