(foto LaPresse)

A destra dicono di avere idee e nomi per il Campidoglio, ma non sembra

Gianluca Roselli

Mentre dall’altra parte della barricata si inizia a ragionare sull’appuntamento elettore per il Campidoglio, nella primavera del 2021, il centrodestra è ancora fermo al palo

Roma. Mentre dall’altra parte della barricata, e parliamo di Movimento 5 Stelle e Pd più sinistra varia, si inizia a ragionare sull’appuntamento elettore per il Campidoglio, nella primavera del 2021, il centrodestra è ancora fermo al palo. Se Virginia Raggi scalpita per essere ricandidata, con una parte consistente dei grillini che non la vuole ma forse Luigi Di Maio sì, e il Pd si è messo ufficialmente alla ricerca di un candidato, di qua, nel centrodestra, l’aria è ancora immobile. Ma troppo fermi non si può stare. “Il nome va individuato il prima possibile, anche subito, prima dell’estate o subito dopo, in modo da iniziare a costruirgli una squadra intorno e cominciare a incontrare cittadini e categorie per mettere a punto un programma. Sbaglia chi dice che il nome viene per ultimo: il nome viene per primo, altrimenti facciamo la fine di quattro anni fa”, avverte Claudio Fazzone, senatore e coordinatore laziale di Forza Italia.

 

Da queste parti il fantasma di quel che accadde nel 2016 aleggia ancora nell’aria: il centrodestra combinò un patatrac con Forza Italia ad appoggiare come candidato sindaco Alfio Marchini, mentre Lega e Fdi sostenevano Giorgia Meloni. Risultato: tutti fuori dal ballottaggio, dove se la videro Virginia Raggi e Roberto Giachetti. “Questa volta non succederà, ma dobbiamo sbrigarci”, dice Fazzone. La coalizione sembra più coesa, ma in un centrodestra in continua fibrillazione, nulla è da escludere. “Questa volta, pur con tutte le differenze, l’alleanza sarà compatta, anche perché, a differenza di 4 anni fa dove l’M5S era sulla cresta dell’onda, la vittoria è possibile. Non vogliamo sprecare l’occasione”, osserva Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Pisana. A suo parere, però, non bisogna affrettare i tempi. “Gettando in campo un candidato troppo presto si rischia di bruciarlo o di giungere al traguardo col fiato corto. Ma non bisogna nemmeno arrivare a un mese dal voto. A gennaio 2021 può essere un buon momento. E Fdi ha buoni nomi da mettere in campo…”, aggiunge Ghera.

 

I nomi, appunto. Un bel problema. Qui sarà una partita tra Fdi e Lega. Due passi indietro, Forza Italia, debole nei sondaggi. “Salvini a Roma se la vuole giocare. Per lui è più facile vincere con un proprio candidato qui che non a Milano, dove tradizionalmente la Lega ha sempre arrancato. Per questo in città il Capitano si giocherà il tutto per tutto: conquistare Roma sarebbe un colpo d’immagine pazzesco”, ragiona Francesco Giro. Che vive una doppia vita: con due tessere in tasca, sarebbe uno dei tanti forzisti passati al Carroccio, ma in Senato è ancora iscritto al gruppo di Forza Italia. “La partita però sarà tradizionale: centrodestra contro centrosinistra. L’M5S, dopo il disastro Raggi, mi sembra fuori dai giochi. Mi dispiace, invece, il poco fermento nella società civile. I romani sono sfiduciati dalla politica…”, continua Giro.

 

I nomi, appunto. Salvini avrebbe gradito una candidatura Meloni, ipotesi già esclusa dalla diretta interessata. Per il Capitano, al momento, ne resta uno solo: quello di Giulia Bongiorno, che un po’ dice no e un po’ nicchia. Si fa corteggiare. In secondo piano altri due: l’ex sottosegretario al Lavoro ed ex Ugl, Claudio Durigon, e l’ex forzista, Davide Bordoni. Messa da parte Meloni, invece, in Fdi il nome che gira con più insistenza è quello di Fabio Rampelli, cui piacerebbe molto: è la sua città e ne conosce ogni anfratto. Due passi indietro c’è pure Francesco Lollobrigida, capogruppo Fdi a Montecitorio.

 

Non si può escludere, però, anche un nome che balzi fuori dal cilindro della società civile, anche se sarà difficile trovare un’anima pia che voglia sobbarcarsi la croce di poter diventare sindaco di una città con mille problemi, che questa giunta ha contribuito ad accentuare. Due nomi, però, risuonano sullo sfondo. Se il braccio di ferro tra Fdi e Lega non si scioglierà, l’alternativa potrebbe essere Paolo Barelli, deputato forzista e presidente della Federazione italiana nuoto. Politico, ma anche civico. E poi c’è il solito Aurelio Regina, ex presidente di Confindustria Lazio, che, se fosse disponibile, sarebbe una carta importante da posare sul tavolo. “Ci vuole una figura forte e carismatica, in cui i cittadini possano identificarsi, capace di infondere entusiasmo e fare squadra”, traccia il suo identikit Sergio Pirozzi, l’ex sindaco di Amatrice oggi consigliere regionale di Fdi. Una cosa è certa: la scelta del candidato sarà un derby tra Salvini e Meloni. Con Silvio Berlusconi un passo indietro, pronto a intervenire. Ma i big devono pensare prima alle Regionali rinviate all’autunno. Solo dopo, si guarderà al Campidoglio.