Il guanto del prete
Discussioni inutili e cavillose su come il sacerdote dà l’ostia ai fedeli. Guardiamo la luna, per una volta
Si fa fatica, qui, ad appassionarsi al dibattito su come i preti debbano dare la comunione: in mano, in bocca, con guanto o senza guanto, con mascherina o senza mascherina, in piedi o in ginocchio. Sui social si sono scatenati in parecchi, con teologi improvvisati ad asserire convinti che se il sacerdote usa le precauzioni previste di fatto non crede nella presenza di Gesù Cristo. Ohibò. Ha scritto un amico prete che “arrivare a dire che ricevere l’eucaristia in un certo modo (per altro in conformità a quanto la Chiesa desidera) equivale ad una fede sacrilega, mi pare un tantino superbo”. Si è trattenuto. Verrebbe voglia in certi momenti, di dare ragione alla rigidità (parole del premier Conte) del Comitato tecnico-scientifico, che non voleva autorizzare le messe con il popolo prima di giugno.
Adesso, ottenute le celebrazioni con un protocollo che non presenta alcun ostacolo insormontabile (poteva andare molto peggio, pensate solo all’idea delle perpetue intente a misurare la febbre a settanta-ottantenni in fila fuori dai portoni delle chiese), si discute del guanto o della mascherina. Non si tira più fuori, come argomento a sostegno delle proprie tesi l’eroicità di san Carlo Borromeo, forse perché s’è scoperto che pure lui usava le precauzioni valide ai suoi tempi. Invece di cogliere la bellezza e la grazia di poter tornare a messa in chiesa – e non davanti a uno schermo mentre si beve una tisana all’ortica o si accarezza il gatto – si fa i puntigliosi sul modus operandi del povero prete. Già deve pensare a sanificare la chiesa dopo ogni celebrazione, lasciamolo almeno in pace con i suoi guanti. Dio, che sa come stanno le cose, di sicuro chiuderà un occhio.
Roma Capoccia - odo romani far festa