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San Pietro in quarantena

Matteo Matzuzzi

Vaticano sbarrato, messe sospese, matrimoni tristi, funerali impossibili. E’ proprio una dura quaresima

Desolata come non mai, neanche ai tempi della guerra. Piazza San Pietro sbarrata, la basilica vuota, le finestre tutte chiuse. Se oggi ci fosse un nuovo San Lorenzo (s’intende il bombardamento del 1943), il Papa non potrebbe uscire, andare in mezzo alla folla disperata. Potere del coronavirus che mette ora seriamente in pericolo le celebrazioni della Settimana santa e di Pasqua.

 

In Vaticano più d’uno s’è convinto che non c’è nulla da fare, che è impensabile – allo stato delle cose – vedere miglioramenti tali per il 5 aprile da consentire le processioni per la Domenica delle palme. Intanto un po’ ovunque si riscopre, inaspettatamente, l’ardore della fede. L’arcivescovo di Milano – anziché organizzare raduni di preghiera per le strade con il rischio di allargare il contagio – sale sul tetto del Duomo, e da lì, faccia a faccia con la Madunina prega per la salvezza della città, dell’Italia e del mondo. Al Divino Amore (Roma), il Papa raccomanda l’Italia, la città e il globo a Maria. E così si fa da nord a sud, andando ben oltre le polemiche misere sulle messe aperte o chiuse, come se fosse questo il vero problema oggi con le terapie intensive al collasso e i morti che hanno raggiunto cifre impensabili solo un paio di settimane fa.

 

Tutto è fermo: matrimoni e funerali, messe feriali e festive, iniziative penitenziali ed esercizi spirituali. Se ci fosse ancora il vecchio Stalin, non troverebbe più neanche l’acqua nelle fontane per abbeverare i suoi cavalli. Chi l’avrebbe mai detto.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.