Mattarella visita l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (foto LaPresse)

Roma è una città sismica eppure nessuno sembra ricordarlo

Gianluca Roselli

Ci sono faglie attive anche in centro, sotto Castel Sant’Angelo. E terremoti significativi si sono ripetuti nel 1915 e nel 1927

Roma. Anche Roma è una città sismica. Per gli esperti non è una novità, ma per i cittadini forse sì. Visto che erano molti anni che la città non veniva colpita direttamente da un terremoto. E’ successo, invece, martedì mattina all’alba, quando, alle 5.03 una scossa di magnitudo 3.3 con epicentro a Fonte Nuova ha fatto tremare tutta la zona nord est della Capitale. Con una profondità di 10 km, la scossa si è sentita in tutto il quadrante che da Montesacro si allunga verso Guidonia, Monterotondo, Tivoli, Palombara Sabina e la riserva naturale della Marcigliana. Ma il movimento è stato avvertito un po’ in tutta la città. “Roma è sismica, come tutto il territorio nazionale, magari un po’ meno di alcune zone più a rischio, come l’Appennino. Ma lo è”, hanno detto subito gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). “Ci sono faglie attive anche in centro, basti pensare alla scossa di qualche anno fa sotto Castel Sant’Angelo. Il terremoto di martedì mattina ha interessato una faglia trascorrente, quindi verticale, con un movimento orizzontale da entrambi i lati. Si è sentita tanto perché la crosta è sottile ed è stata una scossa superficiale. Diciamo che, per la zona, è stata una scossa anomala”, ha spiegato il presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni. E per fortuna la scossa non è stata seguita da altre di assestamento. Nella stessa giornata di martedì in Italia si sono registrate altre 12 scosse, tutte di minore entità, ma che fanno capire quanto non si possa stare tranquilli.

 

 

E non è vero che la Capitale non sia mai stata colpita da un grave evento. Il 9 settembre 1349, tra l’altro in piena epidemia di peste (le disgrazie non vengono mai sole), una scossa dell’8° Richter nell’Appennino laziale ha fatto tremare molto la città distruggendo una parte della facciata del Colosseo. Le ultime di una certa intensità, tra il 6° e il 7°, si sono verificate nel 1915 e nel 1927. Gli ultimi terremoti percepiti in città, invece, sono stati quelli terribili dell’Aquila, nel 2009, e di Amatrice, nel 2016, avvertiti anche nella Capitale, ma senza provocare danni. Ma ci sono state scosse anche più vicine: il 30 dicembre 2018 a Gallicano (3.2) e il 23 giugno 2019 a Colonna (3.6), sempre nel quadrante Nord Est, non lontano da Fonte Nuova.

 

“Il problema di Roma è che la stragrande maggioranza delle abitazioni non sono antisismiche: non solo gli edifici antichi del centro o di altri quartieri storici come Trastevere, Testaccio, Monti, Prati, San Lorenzo, ma pure tutti gli edifici delle grandi costruzioni degli anni ’50, ’60 e ’70, gli anni della speculazione edilizia sulla città, che sicuramente non ha aiutato”, spiega Giovanni Caudo, professore ordinario di urbanistica all’Università di Roma Tre (è anche presidente del III Municipio per il Pd, proprio quello più interessato dalla scossa di due giorni fa, ex assessore alla Trasformazione Urbana nella giunta Marino). “Si sta costruendo seguendo le direttive anti sismiche solo da 15/20 anni, il resto è tutto a rischio. L’unica zona che può stare relativamente tranquilla è quella del centro intorno al Tevere che, come tutti i fiumi, fa da ammortizzatore”, continua Caudo. La prima classificazione di Roma come città sismica risale al 2003, proprio da uno studio di Ingv, con analisi confermate pure nel 2009 e nel 2019. Finora, però, nessun piano regolatore ha tenuto conto di questo fattore.

 

Nello specifico, secondo una ricerca del Cresme (centro di ricerca specializzato in edilizia e costruzioni), nell’area urbana della città sono presenti 465 mila edifici, di cui 99 mila ad alto rischio sismico, più del 20 per cento. Mentre gli edifici a rischio medio sono circa 142 mila. In caso di scossa molto forte, i primi sono in pericolo di crollo totale o parziale, sui secondi si possono generare crepe, smottamenti e importanti danni strutturali.

 

Due sarebbero le cose da fare. “Da una parte mettere in sicurezza il più alto numero di edifici possibile, a partire dalle scuole: è costoso, ma i condomini che lo fanno possono usufruire di notevoli sconti fiscali”, dice Giovanni Caudo. “In secondo luogo, far sì che nuovi pezzi di città ancora in costruzione rispettino non solo le regole antisismiche, com’è obbligatorio, ma anche i parametri di distanza tra un palazzo e l’altro, così da lasciare alle persone delle vie di fuga in strada”, continua l’urbanista. L’ideale, poi, sarebbe non costruire affatto. Per mettere in sicurezza un edificio, ogni palazzo fa storia a sé: si realizza un modellino e si fa una simulazione di terremoto. E poi s’interviene con rinforzi dove serve.

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