(foto LaPresse)

Fare da argine a se stessi

Guido Vitiello

Oramai la Grande muraglia antipopulista è diventata una costruzione ciclopica che non separa nulla da nulla

Riflettendo sulla questione dell’argine – il famoso argine al populismo, supposta ragion d’essere del governo in carica – mi è tornata in mente una pagina di Elias Canetti sulla Grande muraglia cinese. “Non c’è un regno dietro questa muraglia, essa stessa è il regno, tutte le linfe che possono esservi nel regno sono andate a finire nella costruzione”. Per edificare il bastione insormontabile contro Salvini non osano smuovere una sola pietra dei decreti Salvini (non sia mai dovesse venir giù tutto). Dal Parlamento, nel timore che a qualcuno venga l’uzzolo di farne un bivacco di manipoli, decurtano a vanvera qualche centinaio di bivaccanti. Se le dinastie imperiali cinesi fecero morire centinaia di migliaia di schiavi per innalzare la fortificazione che avrebbe tenuto lontani gli invasori, i nostri regnanti hanno pensato bene di sacrificare all’impresa legioni di eterni imputati, stringendoli alla catena del processo imprescrittibile. Affinché il muro sia proprio invincibile, poi, siglano patti di ferro con i satrapi Emiliano e De Magistris, che dirigono i cantieri sulla frontiera meridionale. E sono disposti a cedere su tutto, perfino sulla Gregoretti, pur di arrivare a posare la pietra angolare dell’Emilia-Romagna. Non è escluso che ci riescano, domenica prossima. Ma nel frattempo la Grande muraglia antipopulista è diventata una costruzione ciclopica che non separa nulla da nulla: “Ormai non si può più dire che cosa era dentro e che cosa era fuori, il regno si stendeva da tutte e due le parti, muraglia verso l’interno e verso l’interno”.

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