Digiuno e vegetarianismo, i gesti che accomunano popolo ed élite

Antonio Gurrado

L’illusione di essere influenti e decisivi su qualcosa di molto più grande e incontrollabile

Incredibile ma vero, i sovranisti popolani di Salvini e i paperoni elitari del Forum di Davos hanno una cosa in comune: la superstizione alimentare. Com’è noto, è stato indetto un #digiunopersalvini dopo il voto della giunta per le immunità del Senato; mentre è passato sotto silenzio che il menu di Davos prevede un pasto vegetariano. In entrambi i casi si tratta di una rinuncia autoimposta: alla carne per l’élite, al nutrimento tout court per il popolo. In entrambi i casi la rinuncia ha valore penitenziale: a scopo dimostrativo per i salvinisti, che così vogliono farsi carico della sofferenza inflitta al loro capo (mah); a scopo cautelativo per i forumisti, che vogliono sciacquarsi la coscienza ambientale con un pasto a basso impatto (mah mah). Soprattutto, però, accomuna popolo ed élite il valore puramente metafisico che attribuiscono al proprio gesto simbolico.

 

Digiunare, è ovvio, non avrà la minima rilevanza sulle sorti giuridiche di Salvini, che è in una botte di ferro; non più di quanta ne avrà sui destini del pianeta pasteggiare a verdure prima di risalire su jet diretti ai quattro cantoni del mondo. Il digiuno del popolo e il vegetarianismo delle élite hanno in comune l’illusione di essere influenti e decisivi su qualcosa di molto più grande e incontrollabile; l’illusione, come per tutte le superstizioni, che basti fingere di crederci davvero.

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