Il campo nomadi di via dei Gordiani, a Roma (foto LaPresse)

Ma non erano gli zingari a rapire i bambini?

Guido Vitiello

Togliamo i figli alle famiglie rom che non li mandano a scuola. L’ha detto, come fosse una cosa da niente, il capogruppo leghista in assemblea capitolina Maurizio Politi

Togliamo i bambini rom alle famiglie che non li mandano a scuola. L’ha detto, come fosse una cosa da niente, il capogruppo leghista in assemblea capitolina Maurizio Politi in margine alla presentazione, questo martedì, del rapporto dell’Associazione 21 luglio sul fallimento del piano rom della giunta Raggi. Ma non erano gli zingari a rapire i bambini? L’antropologo Leonardo Piasere, in “L’antiziganismo”, pubblicato nel 2015 da Quodlibet, spiegava questo genere di cortocircuiti ricorrendo al concetto freudiano di “proiezione”: “Nel momento in cui in Italia si ha il picco del numero dei bambini rom strappati alle famiglie (in modo del tutto legale!) e dati ai non zingari, si ha il picco inverso delle denunce di tentativi di rapimento di bambini da parte degli zingari”. Il pamphlet di Piasere non fornisce solo nuova conoscenza, ma qualcosa di simile a un’agnizione tragica. Se l’ombra nera della Shoah ci ha costretti a fare i conti con l’antisemitismo, l’antiziganismo è rimasto lì intatto – inconsapevole, ignorato quando non negato – perché al genocidio di rom e sinti non è seguito nessun lutto collettivo. Ebbene, Piasere propone un esercizio – un esame di coscienza, non certo una tesi storica – : ogni volta che su un giornale incontriamo le parole rom, nomade, zingaro, sostituiamole mentalmente con ebreo. L’effetto è devastante, è come entrare in un cunicolo spaziotemporale che sbuca negli anni Trenta. Provateci. Capirete all’istante perché Liliana Segre ha preferito non esserci, ieri, al convegno leghista di Palazzo Giustiniani.

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