(foto LaPresse)

Avanti a fari spenti

Enrico Bucci

Tanti dubbi sul rapporto dell’Istituto superiore di sanità per controllare il post lockdown

"E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire”. Così cantava Lucio Battisti. E così, in questo momento, sta procedendo l’Italia post lockdown. I fari che ci ostiniamo a tenere spenti sono quelli del monitoraggio epidemiologico, quello che per intenderci l’Oms e tutti gli esperti hanno raccomandato con l’acronimo delle 3T (test, trace, treat), monco delle prime due ancora oggi, a mesi di distanza dall’inizio dei guai e nonostante il sacrificio degli italiani, che si sono rinchiusi in casa come quasi nessuno nel mondo è riuscito a fare.

 

Come lo sappiamo? E’ quanto si desume dalla lettura del primo documento di monitoraggio settimanale rilasciato dall’Iss. Per esempio, a proposito del famoso indicatore Rt per le regioni (il numero di riproduzione netto del virus, ovvero quanti individui sono infettati in media da un malato in una certa regione), si legge che “per tenere conto dei ritardi nella notifica dei casi, la stima di Rt è stata calcolata alla data del 26 aprile con i dati disponibili in piattaforma al 12 maggio. Dopo il 26 aprile il dato è da considerarsi incompleto”. Siccome il documento è stato rilasciato il 14 maggio, significa che l’indicatore in questione si riferisce a una ventina di giorni prima dell’emissione del rapporto.

 

Non solo; il calcolo, per alcune regioni, è stato fatto utilizzando i dati relativi all’inizio dei sintomi per molto meno del 50 per cento dei positivi riscontrati, il che significa, ancora una volta, che Rt – cruciale per decidere cosa fare – oltre che in ritardo è basato su un campione di soggetti positivi molto inferiore a quanto previsto inizialmente (ed è quindi a maggior ragione inaffidabile). Nonostante questo, regioni che hanno fornito meno del 50 per cento dei dati necessari, come il Piemonte, vedono stimare il loro Rt con lo stesso errore di regioni che ne hanno fornito oltre l’80 per cento, come l’Emilia-Romagna; il che significa che nemmeno l’errore fornito su questo parametro tiene in debito conto l’incertezza reale sui dati. Per finire, lo stesso indicatore viene utilizzato in maniera almeno opinabile: l’Umbria, il cui Rt risulta maggiore di 1, è una regione con pochissimi casi, per cui ovviamente le fluttuazioni sul valore calcolato sono casuali e molto ampie; eppure, questa regione è stata messa sotto osservazione, perché si è passati da 11 a 24 tamponi positivi in una settimana.

 

Calcolo che si riferisce a un tempo remoto a quello che ci servirebbe, stime dell’errore perlomeno opinabili e utilizzo degli indicatori senza pesare l’ampiezza del campione a cui si riferiscono: mi fermo qui e ometto il resto, perché abbiamo davvero spento i fari sulla circolazione del virus.