Foto LaPresse

La lezione di Vo'

Enrico Bucci

Il confronto tra il comune veneto e quello di Nembro dice che gli scienziati avevano ragione e i confindustriali no

Un esperimento controllato. Questo si è svolto in Italia. Per capire cosa intendo, guardiamo a due comuni italiani colpiti dal virus Sars-CoV-2: Nembro e Vo’ Euganeo. Non distano nemmeno 200 chilometri e hanno una struttura di popolazione piuttosto simile.

 

Il primo, in provincia di Bergamo, è un paese di circa 11.000 abitanti, che ha registrato una iniziale propaganda martellante per evitare la chiusura, essendo luogo a forte concentrazione industriale. Fino a marzo inoltrato, hanno circolato volantini, filmati confindustriali e meme su internet che dichiaravano sicuro il bergamasco e usavano l’etichetta “#bergamononsiferma” per propagare il messaggio sui social.

 

Il secondo, in provincia di Padova, è un paese di circa 3.300 abitanti, che ha registrato il primo morto attribuito al coronavirus in Italia ed è immediatamente stato dichiarato zona rossa, oltre a essere diventato il paese al centro di un’estesa campagna di diagnostica molecolare, tracciamento e isolamento dei contagiati, affidata a studiosi di fama internazionale dell’Università di Padova.

 

Entrambi i paesi ormai hanno il picco epidemico alle spalle; è il momento quindi di fare un bilancio, per imparare qualcosa. Questo bilancio può essere fatto considerando i due paesi di cui sopra come una sorta di esperimento naturale controllato: nel primo paese, il virus è stato per molto tempo libero di circolare, mentre nel secondo si è intervenuti appena possibile con un pacchetto di misure che hanno compreso tutto ciò che era disponibile al momento.

 

A Nembro, su 11.000 abitanti la mortalità (cioè non il numero di morti sugli infetti, ma il numero di morti sul totale della popolazione) è stata pari a circa 1,6 per cento; a Vo’, circa lo 0,09 per cento (3 morti su circa 3.300 abitanti dichiarati al 15 aprile). Al di là dei numeri precisi e delle fluttuazioni statistiche, la differenza è eclatante non solo in termini di morti, ma anche in termini di numero di infezioni (tracciate molto precisamente per via sierologica a Vo’, grazie al lavoro del prof. Crisanti).

Scalando all’intera Italia, lo scenario Nembro significa quasi un milione di morti, senza contare gli ospedalizzati e senza contare i morti non attribuiti per varie ragioni al virus; quello di Vo’ meno di 60.000.

 

Ora, di fronte a dati come questi, non è che bisogna tanto guardare al passato per cercare colpe – a quello se del caso provvederà la magistratura; bisogna invece guardare in avanti, considerando ciò che ci attende dopo la riapertura più o meno graduale del paese.

La lezione è semplice: gli scienziati di Padova cui si sono affidati i politici locali avevano ragione, mentre i confindustriali o gli eventuali esperti cui si sono affidati quelli di Bergamo avevano torto. La lezione, però, vale per tutti: sappiamo, avendo potuto contare le bare di differenza, che cosa succederà se non si procederà ad affrontarlo nel modo in cui anche da queste pagine si è più volte ribadito: mediante sorveglianza epidemiologica, tracciamento degli infetti e isolamento domiciliare, con in aggiunta dotazioni di protezione individuale minima per tutti.

#ilvirusnonsiferma.

Di più su questi argomenti: