Roma: laboratorio di analisi dei tamponi all'Ospedale San Filippo Neri (Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Tamponi non oggettivi

Enrico Bucci

Ci accorgeremo con sicurezza di un eventuale ritorno del virus solo quando riempiremo gli ospedali

I pazienti di Schroedinger. Così potremmo chiamare i soggetti infetti da Sars-CoV-2 in Italia, visto che essi, a seconda dell’osservatore e della data, esistono o non esistono.

 

Accade che il 12 maggio si comunichino oltre mille nuovi infetti. Niente paura, però: più di 400, provenienti dalla regione Lombardia, si riferiscono a settimane fa, prima della riapertura, e non sono un effetto della fine del confinamento. Sicché, quando si doveva decidere la riapertura, questi pazienti sono rimasti nei cassetti, e non sono stati computati; oggi che siamo in fase 2, non contano ai fini di stabilire l’eventuale chiusura per ripresa epidemica, perché sono pazienti “vecchi”.

 

Intanto, l’ex rettore dell’Università di Trento fa sapere che, per lo meno per quanto riguarda la sua regione, non si computano quei pazienti che risultano positivi a più di 5 giorni di distanza dal tampone. Se questo è vero, cioè, se un tampone è trovato positivo dopo 6 o più giorni dalla sua effettuazione, ai fini delle statistiche sui nuovi infetti non viene conteggiato. Dalla Lombardia, sono giorni e giorni che arrivano dati su meno tamponi del solito, e comunque è noto che non si riesce a soddisfare la domanda di tamponi nemmeno da parte dei medici. Non voglio nemmeno parlare degli altri effetti confondenti, come il fatto che i tamponi i cui esiti vengono comunicati in un certo giorno, sono aggregazioni di tamponi fatti in giorni diversi, con intervalli di tempo variabile a seconda della regione, per cui non possono rappresentare correttamente l’andamento dell’epidemia. Sulla base di questi dati, è impossibile fondare una politica di decisione delle riaperture o delle richiusure fingendo di seguire l’andamento dell’epidemia: semplicemente, ci accorgeremo con sicurezza di un eventuale ritorno del virus solo quando riempiremo gli ospedali. 

 

Proprio per questa ragione, sono intervenuto martedì a “Cartabianca”, il talk-show condotto da Bianca Berlinguer, presente il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri.

 

La risposta del prof. Sileri, di un’onestà e un candore ammirevoli, mi ha lasciato di sasso: mi ha dato ragione, e più in generale ha correttamente affermato che ci vorrebbero almeno le date di prelievo dei tamponi, per avere qualche idea più precisa di cosa stia succedendo. In generale, ha confermato la confusione di questi indicatori così mal presi, da non poter certo servire per il monitoraggio epidemiologico a livello regionale, come invece stabilito dal ministero della Salute.

 

Ma se è così, dedichiamo i tamponi alla diagnosi clinica e ammettiamo di non essere in grado di fare sorveglianza epidemiologica preventiva e di doverci affidare al monitoraggio degli ospedali. Senza usare algoritmi e sistemi di calcolo non pubblicati, basati su numeri che non rappresentano nulla di serio, e affidati alle manipolazioni di questa o quella regione, di questo o quel soggetto interessato, per giustificare ai cittadini le misure che si intende comunque attuare dietro a una finta oggettività.

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