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Olive #29

Mattia Zaccagni non era scontato

Giovanni Battistuzzi

L'esterno della Lazio di Maurizio Sarri è uno di quei giocatori che correva il rischio di arrivate tardi in Serie A e generare la solita domanda: perché di uno come lui il calcio non si è accorto prima? Non è andata fortunatamente così

Non era scontato che andasse così. Non almeno per uno come lui, uno come Mattia Zaccagni. Perché uno come lui ha bisogno di incontrare qualcuno, più di uno, che vada oltre la prima apparenza, consideri a lungo ciò che ha di fronte, abbia la pazienza di andare oltre la faciloneria del giudizio immediato. Perché uno come Mattia Zaccagni non impressiona subito, non ha il dribbling ubriacante, non il tiro da cecchino, non lo scatto da velocista, non il controllo di palla del numero dieci al quale basta un tocco, uno solo, per chiarire che di talento ce ne è tanto, enorme. È come certi vini che hanno bisogno del loro tempo, di trovare ossigeno e il ritmo lento del lungo assaggio, di passare nel palato, sulla lingua di scendere in gola. E solo dopo emettere un giudizio. E il primo non è mai quello giusto. Pausa, attesa, la lingua che passa sull’arcata superiore dei denti, altra pausa, sentenza.

 

Non era scontato che andasse così, perché di solito uno come Mattia Zaccagni rischia di passare per il Medioman gieffino, arrivare tardi in Serie A e generare la solita domanda: perché di uno come lui il calcio non si è accorto prima?

 

È andata diversamente, parecchio diversamente. Mattia Zaccagni a 27 anni (a giugno 28) gioca nella Lazio per la seconda stagione, dopo due anni in Serie A e una in Serie B da protagonista all’Hellas Verona. Tutto sommato da abbastanza per evitare di farsi la domanda di cui sopra.

 

Non è un Medioman Mattia Zaccagni, tutt’altro. È solo che non ti rimane impresso a primo impatto, eppure ce ne fossero di più di giocatori come lui, di giocatori che fanno tutto bene, che si muovono intelligentemente, che se c’è da sacrificarsi si sacrificano e che all’azione dopo sono lì dove devono essere.

 

Il 17 dicembre del 2018, commentando la partita vinta dall’Hellas Verona contro il Pescara per 3-1, il giornalista della Rai che curò il servizio disse che “Zaccagni sarebbe un giocatore perfetto per il gioco di Maurizio Sarri”. L’uscita generò un po’ di ironia. All’epoca l’allenatore guidava il Chelsea dopo gli anni di bel calcio di Napoli. Anni dopo quel giudizio è risultato parecchio azzeccato. Mattia Zaccagni sta dimostrando sul campo di essere perfetto per il gioco di Maurizio Sarri, il perché lo espresse il suo ex allenatore a Verona tra il 2019 e il 2021, Ivan Juric: “Mattia è uno dei calciatori più intelligenti tatticamente che io abbia allenato sinora”. Il perché? “Ha la rara capacità di giocare bene semplificando il gioco anche ai compagni. E riuscire a far giocare bene i compagni non è semplice, è una dote non comune”.

   

Anche Maurizio Sarri lo ha capito. Un posto per lui lo ha sempre trovato, anche a costo di mettere in panchina giocatori dal nome altisonante, gente da parecchie decine di milioni di valore di mercato. Per un anno lo ha fatto recitare a soggetto, poi gli ha trovato la sua dimensione definitiva: esterno a sinistra ma con la possibilità di ampia libertà, insomma fai ciò che vuoi, ma fallo bene e al modo di sempre, cioè pensando sempre al bene di squadra. Non ha quasi mai mancato, quando è successo è bastata una lavata di capo ed è ritornato il gregario di sempre con licenza di libera battuta.

   

Parecchie libere battute. In ventisei partite di campionato giocate, Mattia Zaccagni ha segnato dieci gol e concesso sei assist, non male per uno che non ha il dribbling ubriacante, non il tiro da cecchino, non lo scatto da velocista, non il controllo di palla del numero dieci al quale basta un tocco, uno solo, per chiarire che di talento ce ne è tanto, enorme.

   


   

Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza), nella quattordicesima Federico Baschirotto (Lecce), nella quindicesima Moise Kean (Juventus), nella diciasettesima Rasmus Hojlund (Atalanta); nella diciottesima M'Bala Nzola (Siena); nella diciannovesima Federico Dimarco (Inter); nella ventesima Cyril Ngonge (Hellas Verona); nella ventunesima Riccardo Saponara (Fiorentina); nella ventiduesima Perr Schuurs (Torino); nella ventitreesima Ola Solbakken (Roma); nella ventiquattresima Riccardo Orsolini (Bologna); nella venticinquesima Henrikh Mkhitaryan (Inter); nella ventiseiesima Rolando Mandragora (Fiorentina); nella ventisettesima Zlatan Ibrahimovic (Milan); nella ventottesima Nemanja Radonjić (Torino)

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