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Olive #17

La scaltrezza di Rasmus Hojlund

Giovanni Battistuzzi

È da oltre un anno, da quando venne acquistato dallo Sturm Graz, che l'attaccante dell'Atalanta viene avvicinato a Erling Haaland. Lui non ci ha mai dato peso e ora ha iniziato a essere decisivo anche in Serie A

Quando nel gennaio del 2022 arrivò allo Sturm Graz, in Austria, bastarono poche partite ai calciofili austriaci per convincersi che un altro Erling Haaland era arrivato a giocare nel loro campionato. Il norvegese era apparso nella Fußball-Bundesliga, al Salisburgo, nel gennaio del 2019, se ne era andato esattamente un anno dopo lasciando in dote sedici partite e diciassette gol. Il Salisburgo è della Red Bull, lo Sturm Graz no, lo stupore per questo è stato maggiore. Se lo spiegarono in pochi il motivo della presenza di Rasmus Hojlund in Austria. La permanenza del danese nella Fußball-Bundesliga è durata ancor meno dei dodici mesi di Haaland. Ad agosto del 2022, diciotto partite e nove gol dopo, era già altrove, all’Atalanta.

 

Rasmus Hojlund non è Erling Haaland. Gli mancano qualche centimetro d‘altezza, un po’ di chili di peso. Gli manca soprattutto quella fame enorme, smisurata, per il gol, un po’ di velocità e parecchia potenza. Poco importa, perché anche Rasmus Hojlund è un gran bel giocatore, uno di quelli che possono fare la differenza anche nelle grandissime squadre. A Gian Piero Gasperini è bastato poco per capirlo, ai tifosi dell’Atalanta qualche tempo in più, ma non è colpa loro se l’allenatore della Dea ha deciso di inserire gradualmente il diciannovenne danese all’interno della squadra. In Germania non si fanno tanti problemi, ma l’attenzione mediatica è meno morbosa e un errore è solo un errore e non una certificazione di incapacità.

 

Rasmus Hojlund al paragone con Erling Haaland non ha mai dato troppo peso. “C’entriamo poco uno con l’altro”, aveva detto la prima volta che un giornalista austriaco aveva avanzato l’accostamento. “Magari, mi piacerebbe un sacco”, aveva risposto l’ultima volta. La scaltrezza è dote a volte innata, può essere migliorata con l’età, ma non si inventa.

 

Rasmus Hojlund è arrivato a Bergamo con un po’ d’acne sulle guance e lo sguardo stupito. Con il tempo ha superato i brufoli e ha iniziato a scalare le gerarchie di spogliatoio. Cosa mai facile, ma che Gasperini ha sempre permesso e incoraggiato. Ha soprattutto avuto il merito di non badare ai paragoni che il mondo del calcio elargisce sempre copiosamente per inquadrare un giocatore che inizia ad approcciarsi ai grandi palcoscenici. E ha iniziato a segnare: in 583 minuti ha segnato tre gol, l'ultimo quello che è valso tre punti contro il Bologna.

 

È una prima punta che gioca poco da prima punta, a cui piace trovare campo anche fuori dall’area di rigore, che soprattutto ha la voglia e la corsa per dare una mano a centrocampo, in fase difensiva e che non ha nessun problema a passare il pallone quando vede un compagno meglio posizionato di lui per il tiro. Che soprattutto sembra sapere fregarsene dei diciassette milioni di euro che l’Atalanta ha investito per lui.

    


   

Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza), nella quattordicesima Federico Baschirotto (Lecce), nella quindicesima Moise Kean (Juventus).