Foto LaPresse

Olive #14

La stramba serenità di Federico Baschirotto, che ha dato tempo al tempo

Giovanni Battistuzzi

Il difensore del Lecce è arrivato in Serie A a ventisei anni, dopo una lunga gavetta, ma senza quell’ansia da prestazione che spesso offusca riflessi e capacità. E un po' alla volta, come ha sempre fatto, si sta prendendo tutto quello che gli spetta 

Perché un giocatore come Federico Baschirotto sia arrivato in Serie B a venticinque anni e in Serie A a ventisei è una di quelle cose che non è facile spiegare, che stanno però, spesso, nell’evolversi degli eventi. Perché il calcio a volte è un miscuglio strambo di opportunità da sfruttare, di occasioni da non farsi scappare, di maturità tattiche e atletiche che arrivano mica per tutti subito. Fatto sta che Federico Baschirotto è dal 2019 tra i migliori difensori nei campionati nei quali è sceso in campo: la Serie C con la Viterbese, la Serie B con l’Ascoli. Ora con la maglia del Lecce sta dimostrando di essere perfettamente a suo agio anche in Serie A.

 

Sarebbe da chiedersi, vedendolo giocare, se i problemi del calcio italiano non siano, anche, legati a uno scouting inefficace. A ripensare però a giocatori come Dario Hubner, Igor Protti, Fabio Grosso, Andrea Cossu, Alessandro Diamanti, o come James Vardy in Inghilterra, Jonathan Clauss in Francia, Iago Aspas in Spagna – nessun fenomeno, ma calciatori oltremodo validi sì – viene da pensare che il problema non sia recentissimo e non ubicato solo nel nostro paese.

 

In estate, quand’era arrivato, si diceva che fosse stato preso perché duttile, capace di farsi la fascia destra o di presidiare il centro dell’area di rigore. Ad agosto era diffusamente data per buona l’idea che Federico Baschirotto dovesse essere un intramezzo, una pezza nell’attesa di Samuel Umtiti. Nessuno aveva però mai chiesto chiarimenti all’allenatore Marco Baroni. Si sarebbero sentiti dire che “è un giocatore che ha cultura del lavoro, l’abbiamo preso per questo, perché è uno che da anni migliora partita dopo partita”. Il tecnico disse questo il 30 agosto, alla vigilia della partita con il Napoli: finì 1-1, Baschirotto risultò tra i migliori in campo anche in quella occasione. Già nelle prime tre partite aveva fatto bene, ha continuato a farlo, in tutte quelle che il Lecce ha disputato e per tutti i minuti: non si toglie uno come Federico Baschirotto. Uno che forse non è un fenomeno, ci sono pochi difensori così però in Italia: puliti, attenti, essenziali, soprattutto capaci di godersi il momento, senza quell’ansia da prestazione che spesso offusca riflessi e capacità di stare in campo e quando viene superata conduce alla superbia.

 

Federico Baschirotto ha attraversato il calcio italiano con una serenità stramba perché non comune. Poteva essere altrimenti, perché se a ventidue anni ti ritrovi di nuovo nei dilettanti dopo aver calpestato i campi di Serie C per due stagioni, viene facile pensare che quella sia la tua dimensione e il sogno di giocare più su, dove arriva la televisione, sia poco probabile. Il problema che a vederlo giocare laggiù, in Serie D, con la maglia della Vigor Carpaneto, “pensai che era assurdo che un difensore del genere giocasse nei dilettanti. Aveva tutto per diventare un giocatore importante, anche in Serie B”, ha detto al Foglio Mario Boca, ottantacinque anni, per anni osservatore, si chiamavano ancora così gli scout, tra Piacenza, Modena e Atalanta. “Vederlo in Serie A e vederlo giocare così mi riempie il cuore di gioia. Anche perché io sono di San Giorgio Piacentino e aver potuto vedere un gran difensore a due passi di casa mia, dopo averne portato a Piacenza e a Bergamo qualcuno di buono, molto buono, è stato un lusso che alla mia età non pensavo di potermi concedere”.

Federico Baschirotto c’ha messo un po’ ad arrivare, ha concesso tempo al tempo, poi se l’è preso tutto, pure con qualche interesse. Tipo il gol all’Atalanta, il primo in Serie A. Non sarà il solo. Di testa sa farsi valere e a calciare calci d’angolo e punizioni a Lecce c’è gente coi piedi buoni.

 


 

Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza).

Di più su questi argomenti: