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Gran calma #14

Solo il Napoli può essere l'anti Napoli?

Enrico Veronese

Atalanta battuta a Lecce, Milan frenato dalla Cremonese. E intanto Juventus e Inter si riavvicinano al secondo posto occupato al momento dalla Lazio e dai rossoneri, a meno otto dagli azzurri. Il Mondiale alle porte come influirà sulle scelte degli allenatori nell'ultima partita pre pausa iridata?

I risultati della 14a giornata di Serie A

Napoli-Empoli 2-0 (69° Lozano, 88° Zielinski)
Spezia-Udinese 1-1 (33° Reca, 43° Lovric)
Cremonese-Milan 0-0

Lecce-Atalanta 2-1 (28° Baschirotto, 30° Di Francesco, 40° Zapata)
Sassuolo-Roma 1-1 (80° Abraham, 85° Pinamonti)
Fiorentina-Salernitana 2-1 (15° Bonaventura, 55° Dia, 81° Jovic)
Inter-Bologna 6-1 (22° Lykogiannis, 26° Dzeko, 36° Dimarco, 42° Martinez, 48° Dimarco, 59° Calhanoglu, 76° Gosens)
Torino-Sampdoria 2-0 (29° Radonjic, 59° Vlasic)
Verona-Juventus 0-1 (60° Kean)
Lazio-Monza 1-0 (69° Romero)

 

La classifica della Serie A dopo 14 giornate

Napoli 38; Lazio e Milan 30; Juventus 28; Inter e Atalanta 27; Roma 26; Udinese 24; Torino 20; Fiorentina 19; Salernitana 17; Sassuolo e Bologna 16; Empoli 14; Monza 13; Lecce 12; Spezia 10; Cremonese 7; Sampdoria 6; Verona 5.

  

Perché la foto del campionato è ancora mossa, ma se ne intravedono alcuni contorni

A una giornata dallo stop iridato, il campionato di Serie A è una fotografia tanto nitida ai margini, quanto mossa al centro. Il Napoli non ha mai perso, l’Inter non ha mai pareggiato, la Cremonese non ha mai vinto: la classifica è sgranata, specie in coda, dove non ci sono nemmeno due squadre a pari punti tra loro. Aleatorio abbandonarsi a qualsiasi previsione ora – gran calma, verrebbe smentita alla prossima – ma questa Sampdoria e questo Hellas Verona dovranno fare i miracoli per salvarsi. E se più di qualcuno sostiene che alla ripresa la Juventus sarà la vera anti Napoli, sia consentito dubitare, per molti fattori: nonostante la quinta vittoria consecutiva, e considerando il rigore o i rigori negati ai gialloblu, al momento solo il Napoli può essere l’anti Napoli. Qualora Osimhen cedesse a qualche sirena inglese, per esempio, potrebbe vagamente cambiare le sorti del torneo. Intanto, le sei squadre che inseguono sono settimanalmente intercambiabili e (chi più, chi meno) in cerca d’autore: o di capri espiatori, citofonare Karsdorp.

 

Perché l’orgoglio delle neopromosse vanifica il turn over: i calciatori più forti giocano sempre

Atalanta battuta a Lecce, Milan frenato dalla Cremonese. La penultima giornata dell’anno solare 2022 offre queste primizie, frutto della sfrontatezza di due rose in crescita: in Salento, oltre al gol di “Rambo” Baschirotto, da segnalare l’euclideo Hjulmand (incredibilmente privato del Mondiale) e il furetto Gonzalez. Allo stadio Zini, invece, il tecnico Alvini mostra di quale pasta sia fatto quando utilizza uno slot per tre cambi utili a inserire i tre migliori elementi: l’ingresso di Okereke, Sernicola e Buonaiuto, anche se non ha dato frutti copiosi, ha inteso dire al Milan che la Cremonese quella partita voleva giocarsela fino in fondo. Come ha provato l’Empoli a casa della capolista, che ha impiegato 70 minuti e un rigore più che dubbio per scardinare i toscani: Spalletti è tra coloro che hanno capito come, nonostante l’impegno infrasettimanale, il turn over sia una sostanziale ipocrisia, dal momento che i calciatori più forti sono irrinunciabili e un posto in squadra lo trovano sempre, dall’inizio o subentranti, per cercare di risolvere partite arcigne e scivolose. Anche i più pazienti degli allenatori, quando il cronometro scorre, si rimangiano attendismo e gran calma e invocano il Leão taumaturgo.

 

Perché il Mondiale alle porte è l’occasione per darsi una (gran) calmata a fine partita

Era da tempo che non si vedevano, negli stadi italiani della Serie A, crocchi di contendenti prolungare la sfida oltre il triplice fischio. A Lecce, a Cremona, pochi giorni prima nel derby di Roma gli incontri hanno vissuto tristi propaggini in mischia, tra pacieri e referti arbitrali, per “colpa” di questo o quell’episodio controverso. Il nervosismo è alle stelle e va di pari passo con la mancanza di risultati o le delusioni dell’ultimo minuto: chi non mena le mani bastona a parole, perché non può essere colpa di un terzino neo entrato se la Roma non fa bottino pieno davanti al Sassuolo. Gran calma, Mourinho: il mercato di gennaio potrebbe non regalarti quello che vorrai, ma forse solo un po’ di carbone. Nel mentre, in epoca di Var e senza maxischermi né arbitri che spiegano le proprie decisioni, aumenta il peso della “Cassazione” mediatica firmata Luca Marelli, che tutte le polemiche porta via.

 

Perché il calcio dei figli ogni tanto può attendere, quello dei padri salvatori forse ancora no

Fabio Quagliarella compirà 40 anni a fine gennaio. Luka Romero, Marko Lazetić e Luca d’Andrea hanno 21 anni in meno, classe 2004. Il primo ha segnato 181 reti in Serie A, il laziale ha segnato al Monza, gli altri due vi si stanno affacciando ora, sommando scampoli di partita nel Milan e nel Sassuolo. Il calcio del padre e quello dei figli non sono lo stesso campionato, anzi passa ormai un abisso (non l’arbitro): ben più di quando analoghe generazioni coesistevano in passato sopra il terreno di gioco e nello spogliatoio. I primi gol, bellissimi, dell’attuale simbolo della Sampdoria non venivano neppure trasmessi da alcuna diretta streaming... Anche allo stadio Olimpico di Torino, il numero 27 blucerchiato languiva mestamente in panchina: eppure non dovrebbe aver disimparato come si segna da tutte le posizioni, quando l’avversario manco se lo aspetta. Con alcuno dei suoi gol storici, il Professore potrebbe dare qualche flebile speranza ai doriani, sicuramente più dei suoi compagni di reparto. Se psicologicamente – e nella percezione – è già un ex atleta, gran calma: pronti a giurare che a fine campionato (comunque vadano le cose) il suo nome sarà ancora nei tabellini più dei diciottenni d’assalto. Tra reduci e speranze, è il momento di chi ha raggiunto la maturità agonistica: in bocca al lupo a Domenico Berardi, il quale in pochi minuti ha mostrato la differenza tra quando c’è e quando non c’è, e il rimpianto di non poche big che forse sono ancora in tempo per dargli una seconda carriera.

 

Perché protrarre i campionati a ridosso dell’appuntamento iridato è una scelta scellerata

Alla spicciolata arrivano le convocazioni delle 32 Nazionali per i Mondiali-lampo al via il 20 novembre. Senegal, Belgio e Argentina investono nei loro campioni, anche se acciaccati e in dubbio col recupero: Mané, Lukaku e Dybala saranno in Qatar, così pure Nico Gonzalez. E chissà quale finimondo sarebbe successo in Italia, se un perno della Nazionale si fosse infortunato durante una trascurabile partita di campionato, prolungato fino all’ultimo, magari di sera e sotto le Alpi… Qui intanto rimarranno alcuni papabili, come gli inglesi Smalling, Tomori e Abraham, tutti e tre depennati da quella garanzia di sconfitta a nome Gareth Southgate: francamente riesce difficile pensare che tutti i difensori centrali in maglia bianca siano migliori del romanista e del rossonero, ma è già difficile trovare posto da commissario tecnico in Italia… ancora poche ore, lo spazio di un weekend con i mister orientati a tenere indenni gli alfieri che andranno a Doha, e i giocatori stessi (assieme alle tifoserie) tireranno un respiro di scampato pericolo. Pure il sollievo dopo l’apnea da tour de force: la Coppa del Mondo stacca la spina ai cervelli, per le membra è gran calma, l’anno nuovo è già dietro l’angolo, pronto a smentire ogni presunta e provvisoria verità.

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