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Olive #3

Boulaye Dia, ossia l'importanza della puntualità e del fare buona impressione

Giovanni Battistuzzi

L'attaccante della Salernitana alla prima partita all'Arechi in Serie A ha segnato un gol e fornito due assist, soprattutto ha dimostrato coi fatti di essere un calciatore parecchio pragmatico

Se ci sono due cose che Boulaye Dia ha capito nei suoi quasi ventisei anni di vita è che la puntualità e il fare subito buona impressione sono parecchio importanti per un calciatore. Che mica vero che le seconde occasioni non ci sono, esistono e lo sa, ma spesso, per evitare problemi, è meglio prendere tutto e subito quello che viene, così da evitare di intristirsi e allontanare pure l’ansia.

Ne sa qualcosa Boulaye Dia di ritardi e cattive impressioni. Nel 2008 l’auto di suo padre si fermò e non volle più ripartire mentre lo stava accompagnando a un provino per il Saint-Etienne: non riuscì nemmeno a presentarsi. Nel 2012 riuscì ad arrivare al provino per entrare nell’accademia dell’Olympique Lyonnais, ma sbagliò parecchio e quasi sempre per spocchia ed eccesso di fiducia. Lo rimandarono a casa. Ripartì dalla settima serie francese.

Boulaye Dia è un uomo che si definisce, si è definito, realista, parecchio pragmatico, anche perché il calcio è prassi, e anche la migliore teoria, la visione calcistica più iperuranica, non può che passare per un campo di calcio, per un calcio al pallone.

L’ha imparato in campo, tra i dilettanti, quando le cose più importanti erano evitare i falli, portare le gambe a casa e segnare – il modo di segnare era del tutto secondario. L’ha imparato a scuola, all’istituto tecnico, indirizzo elettronico. A Oyonnax, nell'Ain, servivano elettricisti e lui studiò quello perché serviva lavorare, portare soldi a casa. Era pure fuori rosa: s’era presentato una o due settimane in ritardo agli allenamenti (le fonti sono in disaccordo) e per lui il calcio sembrava essere ormai un ricordo. Poi gli dissero che era una idiozia per uno come lui non giocare più, che era uno spreco di talento. Lui rispose che ormai se ne faceva niente, che le sue possibilità le aveva fallite tutte. Gli fecero notare che a essere pessimisti si risolveva alcunché, che l’ottimismo se lo possono permettere solo i ricchi e che serviva essere realisti per non avere rimpianti. E allora lui divenne realista, scese di nuovo in campo e iniziò a giocare senza fronzoli, senza più fare lo sborone.

“Un’azione per essere una buona azione deve finire con un gol, perché si possono fare anche dieci dribbling bellissimi e centinaia di passaggi ma se non si segna rimarranno solo  gesti inutili”. Probabilmente Boulaye Dia non conosce Jenő Konrád, l’allenatore ungherese che condusse l’Austria Vienna alla vittoria della Coupe de l'Europe Centrale nel 1936, nonché il “rinnegatore” della scuola danubiana, quella che da Hugo Meisl in poi aveva insegnato che solo giocando bene e assieme si poteva vincere. Probabilmente non lo conosce, ma è il suo figlio calcistico.

Boulaye Dia smise con il superfluo, si concentrò sul necessario: se c’è lo spazio di tirare si tira, se un avversario è messo meglio gli si dà il pallone, l’egoismo serve solo quando è necessario, cioè ogni volta che si può segnare davvero, che poi è segnare quello che conta.

Dalla settima categoria finì rapidamente in Ligue 1, allo Stade Reims, poi nella Nazionale senegalese, quindi al Villareal, a giocare la Champions League. Ora alla Salernitana in Serie A. Niente Champions ma molto più campo e “una città parecchio più bella”, ha detto.

  

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È arrivato a Salerno il 17 agosto in prestito oneroso da un milione di euro e diritto di riscatto per dodici.

Dodici milioni per un attaccante che ha segnato sette gol in trentacinque partite l’anno scorso? Erano in tanti mica troppo sicuri dell’affare.

I dati dicono nulla però se sono parziali. Perché Boulaye Dia l’anno precedente è vero che ha segnato sette gol in trentacinque partite (uno in semifinale di Champions League contro il Liverpool), ma ha fornito sei assist e in dodici occasioni è stato chiamato in causa nelle azioni che hanno portato al gol di un compagno.

Alla prima partita a Salerno, all’Arechi, e da titolare ha segnato un gol e fornito due assist (la Salernitana ha battuto 4-0 la Sampdoria alla terza giornata di campionato), perché a quasi ventisei anni Boulaye Dia ha veramente capito l’importanza della puntualità e del fare subito buona impressione.

   


 

Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia, nella seconda di Emil Audero.

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